ROMA. Pensionati a reddito medio-basso e cittadini di classe media, sono queste le due principali categorie di persone che decidono di sostenere il Terzo Settore con la quota Irpef del 5 per mille, uno strumento che non riguarda le élites, ma innazitutto l’Italia popolare. Lo rivela l’Isfol nell’indagine “Il 5×1000 come strumento di partecipazione nel nuovo modello di welfare”, presentato questa mattina a Roma. E’ la prima volta in assoluto che si pone attenzione al particolare sottogruppo di contribuenti che usano il 5 per mille per sostenere gli enti di Terzo Settore, esplorando anche la natura delle associazioni di promozione sociale che beneficiano dei contributi. L’indagine è il frutto di un’attività di ricerca biennale, svolta dall’Istituto per conto dell’Osservatorio nazionale dell’associazionismo (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali). «Attraverso tali rilevazioni – si legge in una nota dell’Isfol – si è cercato di definire le potenzialità e le criticità di un dispositivo fiscale indispensabile per il sostegno del settore non profit in Italia, realizzando una forma di libertà fiscale che permette – e non impone – la destinazione a fini solidaristici di una quota della propria imposta sul reddito. E’ di fatto un primo passo verso un differente rapporto tra cittadini e fisco e, allo stesso tempo, per rinvigorire i legami nella società civile».

LO STUDIO
. Lo strumento del 5 per mille, che nel solo 2008 ha permesso di raccogliere quasi 400 milioni di euro, di cui più di 265 milioni per la categoria delle Onlus e del volontariato, coinvolge in primo luogo due cluster molto omogenei al proprio interno: il primo costituito da “pensionati urbani a reddito mediobasso” e il secondo formato da “occupati di classe media residenti in provincia”. «Si tratta quindi di persone con uno status sociale ‘ordinario’ – si spiega -, non elevato, appartenenti alla fascia mediana della popolazione. La loro scelta è innanzitutto legata alla fiducia verso realtà che conoscono bene, direttamente o attraverso persone affidabili, e con le quali si condividono dimensioni valoriali profonde».
Le risposte degli intervistati suggeriscono in modo chiaro come il 5 per mille rappresenti «una decisione consapevole e ponderata, attraverso la quale si esprime il proprio apprezzamento per le organizzazioni sociali che si ritiene lavorino meglio». Non a caso il 94,3% afferma di aver indicato uno specifico ente, per di più scegliendo, nella grande maggioranza dei casi, quei settori in cui la riduzione delle risorse pubbliche provoca le reazioni più allarmate da parte della cittadinanza: settore sanitario 38,4%, assistenza sociale 29,5% e istruzione e ricerca 19,0%; seguono gli enti attivi nella promozione culturale, ma con percentuali sotto il 10%.
«L’indagine Isfol fa trasparire l’esigenza dei contribuenti di non essere considerati come clienti/utenti dei servizi ma come persone portatrici di una propria visione del mondo, che ci si aspetta di ritrovare all’interno delle associazioni finanziate. Il 32,6%, infatti, indica tra i motivi della scelta la condivisione dell’ideologia/del pensiero che ispira l’organizzazione che si sceglie di finanziare».

di Sofia Curcio

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