NOVARA. «Caro» che mangia la focaccia nascosta sotto il banco, «Caro» che quando scende su una pista di atletica sembra una gazzella, «Caro» che quando esce per strada tutti si voltano a guardarla. Poi «Caro» un giorno, raccontano le amiche, «fa un errore». Su Facebook inizia la gogna: insulti, foto osé rubatele insieme alla sua confidenza, bigliettini odiosi lanciati per strada al suo passaggio. E alla «Caro» esuberante dentro il colorato abito dei suoi quattordici anni subentra un’altra: «Carolina» che non ha più il solito codazzo di amici ma è sempre più isolata, «Carolina» che alza le spalle a ogni bordata dei bulli ma dentro si spegne, «Carolina» che un venerdì sera dopo una cena in compagnia chiude fuori dalla porta di casa il mondo, esce sul balcone e dice basta: si lancia nel vuoto.
«Carolina si è suicidata per colpa di chi la sfotteva», ha scritto su Twitter @djstraught dopo un giorno di dolore e silenzio. «Mi aiutate a twittarlo?». In 24 ore l’hashtag #RipCarolina è stato ritwittato più di 2600 volte. E il mondo dei social network da «male» s’è improvvisato «medicina»: un mondo virtuale capace di amplificare a dismisura il reale ma anche in grado di mettere in campo i giusti anticorpi contro quello che al suo interno non va.
@djstraught non conosceva «Caro» ma sa perfettamente quello che «Carolina» provava: «Lo so perché insultano anche me», ha scritto nei suoi tanti tweet. E passando dal social al privato, lei ragazzina di 13 anni che ha dato il via al trend, ha aggiunto: «Non la conoscevo ma mi hanno raccontato tutto e ho voluto creare l’hashtag. Si è suicidata per via di chi la prendeva continuamente in giro. E un’amica lo ha detto a me proprio perché anche io sono in questa situazione». Così che il trend di ora in ora è cresciuto: «Per tutti quelli che hanno paura di vivere per colpa dei bulli». «Che gesto orribile hai dovuto fare per colpa della cattiveria della gente», «Domani devo tornare a scuola… e vedere quei deficienti… non ce la faccio».
«Caro-Carolina» viveva dalla scorsa estate a Novara con il papà. La mamma, brasiliana, era rimasta a Oleggio. Aveva anche una sorella più grande. A settembre aveva iniziato le magistrali al Bellini ma poi, a dicembre, si era trasferita allo scientifico Pascal di Romentino. E i pomeriggi in palestra avevano preso il posto degli allenamenti di atletica. «Solare, brava e bella», dice di lei chi la conosceva. «Solare, brava, e bella», dice anche Adriano Ghellere, presidente della Libertas Atletica Oleggio. «Aveva un fisico da saltatrice, bella da vedere gareggiare, bella con gli amici, bella… nessuno di noi ha mai pensato che potesse essere vittima di bullismo». Si accoda la mamma di un compagno: «Mai nessun segno, nessuna parola». E anche Nicoletta Cardano, insegnante di psicologia al Bellini: «Nessun segnale, nessuna confidenza. Spero che il motivo non sia legato alle malelingue».
Anna, nome di fantasia ma dolore e rabbia troppo reali per i suoi 14 anni, «Caro» la conosceva bene. E sapeva che quegli insulti su Facebook la stavano cambiando. «Cioè, lei fuori era la “Caro” di sempre: estroversa, esuberante, forte. Ma dentro stava male, si sentiva isolata. A scuola, in giro. Novara mica è Milano. Era la ragazza più bella e conosciuta e s’è trovata quasi sola per uno sbaglio che, dico, tutti possono fare». Anna c’era sempre nella vita di «Caro». «L’ultima volta ci siamo viste venerdì pomeriggio… Era felice ma prima di andarsene mi ha abbracciato forte, più forte».
Su quei messaggi odiosi e sulle foto osé di cui parlano i ragazzi adesso i carabinieri della compagnia di Novara stanno facendo accertamenti, il dubbio è che l’effetto social network abbia distorto in parte la realtà. Così come stanno cercando di capire cosa possa essere successo durante quell’ultima cena tra amici, se per caso il dolore di «Caro» sia stato amplificato da una cattiveria più grande delle altre o dall’uso di alcol o droghe. «È stata una grande tragedia, ma ora si deve evitare di dare vita a una “caccia alle streghe” – ha detto il procuratore Francesco Enrico Saluzzo -. Bisogna stare attenti a non creare situazioni tali che altre tragedie simili possano ripetersi».
Su YouTube gli amici hanno già postato un video: «…Si dice che l’abbia fatto a causa del bullismo. Ma anche per altri motivi familiari. Solo lei sa cosa aveva per la testa quella notte tra il 4 e il 5 gennaio. Continuava a chiedere aiuto in modo indiretto ma nessuno voleva ascoltarla. In ogni caso le parole feriscono. E ne abbiamo le prove. Pensate prima di parlare. Non l’avrà fatto solo per quello, ma gli insulti non l’avranno sicuramente aiutata. Nessuno ti dimenticherà mai, Carolina».

di Alessandra Mangiarotti (da www.corriere.it)

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