ROMA. Continuano le manifestazioni in Egitto. Il bilancio è grave, sono almeno 40 persone morte in piazza Tahrir, già luogo simbolo della protesta anti Mubarak e ora scenario della rivolta contro i militari. In 20 mila sono scesi per le strade al Cairo nella notte. E alle nuove proteste non aderiscono i Fratelli Musulmani d’Egitto, la forza politica meglio organizzata del Paese. Il Partito della libertà e della giustizia, espressione dei Fratelli Musulmani, ha annunciato che questa decisione scaturisce dalla «preoccupazione di non trascinare il popolo verso nuovi scontri sanguinosi con le parti che cercano ulteriori tensioni». Il governo ha annunciato le dimissioni. Intanto arriva la denuncia di Amnesty International che punta il dito contro i militari, accusati di non aver migliorato i diritti umani in Egitto.
RAPPORTO “PROMESSE MANCATE” – I militari al potere in Egitto non hanno migliorato i diritti umani e si sono resi invece responsabili di un catalogo di violazioni che hanno superato quelle dell’era di Hosni Mubarak. È l’allarme lanciato da Amnesty International che presenta il rapporto “Promesse mancate: l’erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere”. Un documento che descrive i risultati ottenuti in materia di diritti umani dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf), che governa l’Egitto dalla caduta del presidente Mubarak a febbraio. Il rapporto viene diffuso dopo le ultime giornate di sangue, che hanno causato molti morti e centinaia di  feriti quando l’esercito e le forze di sicurezza hanno tentato con metodi violenti di disperdere le manifestazioni contro lo Scaf, convocate al Cairo in piazza Tahrir. Il governo egiziano, apparso fino ad oggi sotto lo schiaffo dei vertici militari, ha  annunciato le dimissioni.
LA DENUNCIA – «Attraverso l’uso delle corti marziali per processare migliaia di civili, la repressione delle proteste pacifiche e l’estensione dello stato d’emergenza in vigore all’epoca di Mubarak, lo Scaf ha perpetuato la tradizione di governo repressivo da cui i manifestanti del 25 gennaio avevano lottato così duramente per liberarsi – ha dichiarato Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord – La brutale e pesante risposta alle proteste degli ultimi giorni ricorda in pieno l’era di Mubarak». «Chi sfida o critica il Consiglio militare, come i manifestanti, i giornalisti, i blogger o i lavoratori in sciopero, viene represso senza pietà, nel tentativo di sopprimerne la voce. Il bilancio dello Scaf in materia di diritti umani dopo nove mesi mostra che gli scopi e le aspirazioni della rivoluzione del 25 gennaio sono stati fatti a pezzi», ha proseguito Luther.
MIGLIAIA CIVILI PROCESSATI IN TRIBUNALI MILITARI – Nell’analisi sul rispetto dei diritti umani in Egitto, Amnesty International rileva che lo Scaf ha rispettato pochi dei suoi impegni pubblici e ha peggiorato la situazione in alcune aree. Ad agosto, lo Scaf aveva ammesso che circa 12.000 civili erano stati processati dai tribunali militari, con procedure gravemente inique. Almeno tredici persone erano state condannate a morte. Tra i reati contestati agli imputati, “banditismo”, “violazione del coprifuoco”, “danneggiamento di proprietà” e “offesa alle forze armate”.
CASO BLOGGER – Il caso del prigioniero di coscienza Maikel Nabil Sanad, un blogger condannato a tre anni di carcere ad aprile per aver criticato le forze armate e aver fatto obiezione di coscienza al servizio militare, è diventato un simbolo. Ad agosto, ha iniziato uno sciopero della fame e la direzione del carcere gli ha negato le medicine necessarie per curare problemi cardiaci. Continua a rimanere in carcere, in attesa dell’esame dell’appello contro la condanna, presentato a ottobre. Le pressioni delle forze armate, si legge nel rapporto, hanno condotto alla cancellazione di alcuni popolari programmi di attualità. Lo Scaf aveva promesso, nelle sue prime dichiarazioni, che avrebbe «svolto un ruolo determinante nel proteggere i manifestanti, a prescindere dalle loro idee»; invece, le forze di sicurezza, compresi i militari, hanno soppresso con violenza parecchie proteste, provocando morti e feriti. Il 9 ottobre, 28 persone sono state uccise dopo che le forze di sicurezza avevano disperso una manifestazione dei copti. Le torture in carcere, secondo Amnesty, sono proseguite anche sotto lo Scaf.
di Francesco Gravetti

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