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Napoli, la rabbia degli operatori: «Il Comune ci volta le spalle»

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welfareNAPOLI – «A volte l’impressione è che, come si dice a Napoli, ci abbiano mandato a ‘comprare il pepe’». E’ il commento amaro degli operatori del terzo settore che, riuniti nel comitato “Il welfare non è un lusso”, venerdì pomeriggio hanno messo in atto un presidio in piazza Carità per protestare contro i tagli al settore che determineranno la chiusura di numerose case famiglia dislocate sul territorio di Napoli e provincia.
Dopo le tante promesse, gli educatori si ritrovano con un pugno di mosche: fondi bloccati, impossibilità di pagare gli stipendi, la chiusura ad un passo. A queste considerazioni si aggiunge poi la delusione più grande: l’assenza di misure concrete da parte dell’ (ormai) ex assessore comunale Sergio d’Angelo, che al momento della nomina era visto quasi come una “quinta colonna” decisiva per intraprendere un dialogo fruttuoso col Comune.

«Noi esigiamo dignità per i ragazzi ospitati nelle case famiglia e per gli educatori che si occupano di loro tra mille difficoltà, – spiega Fedele Salvatore, portavoce del comitato, – il Comune di Napoli da 36 mesi non paga le nostre comunità, i ragazzi che sono a noi affidati per gravissime problematiche rischiano di dover allontanati. A quel punto sarà il sindaco De Magistris a trovare loro una collocazione, e sarà un’impresa difficile, visto che non ci sono comunità che possano accogliere i ragazzi, viste le condizioni economiche in cui versiamo».
La scelta del luogo dove tenere il presidio (che si ripeterà ogni venerdì, dalle 17 alle 20) è simbolica: non sotto il Comune di Napoli, ma a piazza Carità, ovvero alle spalle. «Come l’amministrazione ha voltato le spalle a noi, noi voltiamo le spalle a loro», spiegano.
Discorso a parte, la delusione per l’operato del Comune di Napoli nel periodo in cui Sergio d’Angelo ha ricoperto il ruolo di assessore al Welfare, ovvero dall’insediamento del sindaco De Magistris fino alle dimissioni per partecipare alle elezioni 2013 con il polo di Antonio Ingroia.
«Ci hanno detto che Sergio d’Angelo, – racconta Salvatore, – è stato scelto anche perché era il nostro portavoce, quindi per rappresentare anche le istanze del nostro settore. Certo, tutto è coinciso con un periodo di grande crisi, un periodo di tagli da parte del Governo nazionale, ma ci saremmo aspettati di incontrarci, di instaurare un dialogo, di fare di questa una questione prioritaria della città… ma tutte queste promesse si sono rivelate solo chiacchiere».

di Nico Falco

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