hivNAPOLI- «Abbiamo un nuovo caso di trasmissione ogni due giorni. Anche perché è venuto a mancare il lato informativo, non se ne è più parlato come si dovrebbe. Dobbiamo fare tutti mea culpa». E’ laconico e diretto il professor Guglielmo Borgia, responsabile del Centro di Riferimento AIDS della Regione Campania, quando parla dei dati della diffusione del virus dell’Hiv.

I FATTI- Dopo il “bombardamento” degli anni ’80 e ’90 del secolo  scorso, infatti, il pericolo Hiv e Aids è gradatamente scomparso dai palinsesti televisivi e difficilmente le campagne informative sono riuscite ad attirare l’attenzione dei grandi media. Mentre la medicina progrediva, sintetizzando nuovi farmaci che al giorno d’oggi permettono ai pazienti sieropositivi di svolgere una vita (quasi) normale, dall’ altro lato veniva a mancare l’aspetto informativo, facendo cadere il problema nel dimenticatoio o, addirittura, facendolo apparire come qualcosa di ormai sconfitto La realtà dei fatti è nettamente diversa. Malgrado le terapie antiretrovirali abbiano fatto passi da gigante portando anche a diversi decenni l’aspettativa di vita del paziente,non esiste ancora una cura definitiva e, aspetto peggiore, i dati sulle nuove trasmissioni restano preoccupanti. «Il dato delle nuove infezioni in Campania riferito al 2011, – spiega il professor Borgia, che dirige anche il dipartimento assistenziale di Malattie infettive e medicina legale del Policlinico Federico II di Napoli, – è di 191 nuovi casi, con un’incidenza di 3,3 casi per 100mila abitanti: una infezione ogni due giorni» (dato nazionale:5,8 nuovi casi di Hiv per 100mila abitanti). «Spesso arrivano da noi, – spiega ancora il professor Borgia, – soggetti identificati come nuove infezioni, ma con uno stato avanzato della malattia. E’ evidente che è più difficile intervenire in quei casi e le terapie non hanno gli stessi effetti riscontrati su persone contagiate da meno tempo. Rientra anche questo nel problema della scarsa informazione». Una volta che si è scoperta la sieropositività, poi, comincia il calvario. La consapevolezza di dover affrontare una malattia incurabile, sperando che gli antiretrovirali riescano a garantire una qualità della vita accettabile. Un trauma difficile da superare, che rende il sostegno psicologico una delle basi della cura. Un tale dramma, però, non si ferma alla sfera personale: è un tornado che si abbatte sull’ intero nucleo familiare, chiamato a rapportarsi con una esperienza durissima ed una patologia della quale si conosce sempre troppo poco. I “caregiver” sono proprio al centrodi un progetto pilota messo in campo dall’Arci Napoli, che intende formare un nucleo di sostegno ai pazienti con questo nuovo approccio alla malattia. «Molto spesso, – afferma il presidente provinciale Mariano Anniciello, – ci sono casi in cui madre e figlio sono infetti; in quei casi i piccoli vengono lasciati troppo soli, non hanno il sostegno di cui avrebbero bisogno. Col nostro progetto intendiamo unire solidarietà e professionalità, sperando di far nascere una rete sociale e soprattutto una grande azione di attenzione che portiamo avanti contro l’Hiv insieme alla Regione Campania».
L’ INIZIATIVA-  “Caregiver”, spiega Linda Buffone, psicologa, responsabile dello staff, «è organizzato in vari step. Il primo passo è l’individuazione dei nuclei familiari che saranno al centro degli step successivi, nei quali familiari e amici di persone affette da Hiv verranno seguiti con seminari, gruppi d’ascolto ed incontri individuali, tutte attività svolte in collaborazione con le strutture ospedaliere napoletane e le associazioni che da anni si occupano di questa patologia. Abbiamo scelto questo approccio per sostenere chi, pur non avendo esperienze, si trova a doversi occupare a tempo pieno di pazienti molto particolari; è un aiuto per metterlo in condizione di sostenere a sua volta il malato e di rispondere in modo adeguato al progredire della malattia

di Nico Falco

( estratto dal n° del 05/04/2012 di Comunicare il Sociale allegato del Corriere della Sera)

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