Intervista a Rossella Paliotto, nuovo presidente dell’Organismo territoriale di controllo (OTC) della Campania e Molise.

Un anno fa è approdata alla guida della Fondazione, facciamo un bilancio?
« Il 2019 è stato un anno molto complesso ma anche ricco di grandi opportunità che gli Organi della Fondazione hanno cercato di non lasciarsi sfuggire e di cogliere appieno. La Fondazione Banco di Napoli usciva da un periodo difficile caratterizzato prima da una pesante crisi finanziaria e poi da una fase di commissariamento che in tanti abbiamo invocato tra il 2017 e il 2018 proprio per rimettere in sicurezza il patrimonio e i bilanci della Fondazione, e per ripristinare condizioni di lavoro e di presenza del territorio più qualificate e degne di quello che la Fondazione rappresenta in tutto il Mezzogiorno. Internamente la Fondazione si è data un nuovo assetto organizzativo e ha lavorato per rilanciare il suo patrimonio principale, che è l’archivio storico del Banco di Napoli, il più importantee il più antico archivio storico economico nel mondo e fonte essenziale di documentazione per conoscere la storia economia e sociale del Mezzogiorno, del Paese e dell’Europa. Abbiamo aperto le porte alle nuove tecnologie, cogliendo la sfida della digitalizzazione per molti fondi archivistici che deteniamo, e consolidato le iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale, storico e artistico di cui siamo attenti custodi. Sono particolarmente orgogliosa poi di evidenziare il successo della prima fusione per incorporazione tra due Fondazioni Bancarie di due regioni diverse, perché la Fondazione Banco Napoli ha incorporato la ex Fondazione CariChieti per l’Abruzzo e il Molise: questo ha accresciuto la nostra attenzione sui territori dell’Abruzzo e del Molise, che pure già facevano parte del territorio di riferimento della Fondazione, e ci ha portato in dote lo splendido Palazzo de’ Mayo nel cuore del centro storico di Chieti, che da subito, già dal 1° giugno del 2019 è tornato ad essere spazio espositivo ma anche luogo di incontri culturali e musicali di grande valore, aperto sempre alla città e al territorio. Numerosi i temi di cui la Fondazione ha ripreso ad occuparsi con grande slancio, in particolare con riferimento alla storia economica e alla politica economica del nostro Paese, dal Regionalismo differenziato al grande gap di infrastrutture per le comunicazioni e i trasporti che ancora separa il nostro sud dal nord del Paese e dall’Europa. Abbiamo riattivato le attività erogative della Fondazione con la selezione di un importante gruppo di progetti a valenza sociale, educativa, culturale e artistica, che hanno potuto avvalersi del sostegno economico e istituzionale della stessa. Stiamo lavorando per il consolidamento e la crescita di una rete di istituzioni, organizzazioni ed associazioni che nel cuore del centro storico di Napoli, a Forcella, dove ricade la splendida sede della Fondazione (sita in via dei Tribunali), per il rilancio di un ambizioso programma di rigenerazione immateriale del quartiere, che parta da una maggiore offerta di occasioni di inclusione e di socializzazione e dalla cura del senso civico dei cittadini, a partire dai bambini e dalle loro famiglie. Ed infine abbiamo collaborato strettamente con la Fondazione ONC e con ACRI perché il primo OTC a sud, l’OTC Campania e Molise, di cui appunto la Fondazione Banco di Napoli esprime la presidenza nella mia persona, potesse strutturarsi e avviare le proprie attività».
Da poco ha ricevuto la nomina a presidente dell’OTC della Campania e del Molise. Ci spiega innanzitutto come si sostituirà al Co. Ge.?
«L’OTC – Organismo Territoriale di Controllo raccoglie la sfida di connettere il mondo delle fondazioni bancarie, da cui derivano le risorse economiche per le attività dei CSV, con la rete delle più importanti organizzazioni di secondo livello, per innestare profonde innovazioni di metodo e di merito nel funzionamento dei CSV, che per effetto della riforma del Terzo Settore sono chiamati a cambiare pelle e a cambiare mission, perché, ad esempio, non devono più interfacciarsi solo con le organizzazioni di volontariato ma anche con tutte le associazioni di promozione sociale e tutte le associazioni culturali, ambientaliste, sportive, educative ecc…, purchè abbiano le caratteristiche per essere iscritte nell’istituendo registro degli enti del Terzo Settore. Questo inevitabilmente richiederà una evoluzione dei piani di attività annuali dei CSV, minore autoreferenzialità, apertura all’innovazione sociale e culturale e maggiore attenzione ai progetti che non si limitino a mantenere in vita le organizzazioni esistenti, bensì a valorizzare le connessioni tra organizzazioni e tra organizzazioni e le rispettive comunità di riferimento».
Vogliamo spiegare ai volontari cosa è l’OTC e che ruolo ha?
«Ai volontari e a tutti gli operatori che sono e saranno impegnati in enti del terzo settore spieghiamo volentieri che l’OTC è il luogo in cui competenze e responsabilità diverse si incontrano per collaborare al fine di assicurare il rispetto delle regole, la piena e diffusa conoscenza delle opportunità, la trasparenza ma anche l’efficienza e l’efficacia nell’utilizzo delle risorse annualmente assegnate ai CSV di ciascuna regione, l’attenzione e la capacità di ascolto dei nuovi fabbisogni dei CSV e delle comunità di riferimento per favorire la elaborazione di programmi di intervento sempre più mirati. In tal senso il fatto che ciascun OTC è considerato un “ufficio territoriale” della Fondazione ONC assicurerà, questo è l’auspicio, allineamento dei tempi, omogeneità delle procedure e quindi il recupero di quei ritardi che troppo spesso si sono rilevati in particolare da parte dei CSV meridionali, perché il Terzo Settore italiano non può più viaggiare a velocità così diverse».
Alla luce della riforma del Terzo Settore, quali saranno i cambiamenti sostanziali nel rapporto con i centri di servizio?
«Noi siamo fortemente orientati a strutturare un rapporto pieno di collaborazione tra l’OTC, le sue istituzioni costituenti, e i CSV, perché nessuno avverta nel ruolo dell’OTC solo la dimensione della “burocrazia, del monitoraggio e del controllo, ma piuttosto una posizione di forte coordinamento e di facilitazione, perché buone pratiche possano circolare, perché nuove sperimentazioni possano coinvolgere i CSV di queste Regioni, perché le risorse assegnate in grande quantità (sia pure inferiori finora a quelle che i CSV settentrionali hanno ricevuto) vengano utilizzate al meglio e spese appieno, perché il Terzo Settore a sud è un fattore imprescindibile di sviluppo sia per il tessuto sociale che per il sistema economico».
Questa riforma farà bene al Terzo Settore del Sud Italia?
«Riprendo le belle parole che il Presidente Sergio Mattarella ha avuto ormai un anno e mezzo fa per le fondazioni bancarie, per evidenziare quanto importante sia che tutte le realtà che animano il composito mondo del Terzo Settore operino sempre più quali “attori fondamentali dello sviluppo dei territori e giocare una funzione essenziale nel sostenere e contribuire a diffondere modelli di innovazione sociale”. Se di questo siamo tutti convinti, allora possiamo certamente dire che questa riforma farà bene al Terzo Settore nel Mezzogiorno, nella misura in cui favorirà l’affermarsi e il radicarsi di nuove risposte ai bisogni delle persone e delle famiglie, alla domanda di qualità della vita delle comunità, alla produzione di valore sociale in uno con il valore economico, per generare nuova e buona occupazione e uno sviluppo del territorio declinato insieme alla dimensione della giustizia sociale».
> di Walter Medolla