BRESCIA – Sofia, la bambina di 3 anni e mezzo con una grave malattia neurodegerativa che porta a paralisi e cecità cui il giudice aveva negato il proseguimento della cura con staminali, potrà essere sottoposta alla seconda infusione ma non potrà proseguire la cura agli Spedali Civili di Brescia dove viene applicato il cosiddetto “metodo Stamina”. Lo denuncia la mamma della piccola Caterina Ceccuti, che parla di una «doccia fredda». Per la piccola la situazione si era sbloccata dopo un forte movimento d’opinione (complice l’appello pubblico di Adriano Celentano) e la soluzione trovata dal ministro della Salute Balduzzi. «La direzione degli Spedali – spiega la mamma di Sofia – fa sapere che la bimba ha diritto a una sola infusione presso questa struttura. Non è previsto il completamento della terapia come speravamo, a meno di un imposizione da parte delle autorità giuridiche o sanitarie nei confronti degli Spedali».
LA LETTERA – «Il dramma – aggiunge – sta nel fatto che anche stavolta non è garantita la continuità terapeutica necessaria alla bambina per stabilizzare i risultati ottenuti. Dunque la nostra lotta per il diritto alla vita di Sofia non è ancora finita». Gli Spedali provvedono giovedì a sottoporre Sofia alla seconda infusione, spiega in una lettera al Ministero, all’Aifa e al legale della famiglia il direttore generale dell’ospedale di Brescia Ermanna Derelli, per «responsabilità morale» nei confronti della piccola paziente. «Resta fermo – scrive Derelli – che tale impegno dell’azienda è limitato al caso di Sofia e limitatamente alla seconda infusione. Si precisa che detta scelta non potrà riguardare altri casi o le successive infusioni per Sofia, in mancanza di precise e formali decisioni delle Autorità sanitarie e/o giudiziarie, che autorizzino o impongano la somministrazione della terapia con cellule non prodotte in cell factories autorizzate». Sofia, dunque, allo stato attuale, non potrà avere le ulteriori 3 infusioni (il ciclo è di 5 e quella iniziale fu fatta a dicembre prima che un giudice fiorentino intimasse lo stop alla terapia).
RESPONSABILITÀ MORALE – Dopo la comunicazione del Ministero, gli Spedali Civili – viene spiegato in una nota – si erano «immediatamente attivati presso la cell factory dell’Ospedale Maggiore di Milano e la Stamina Foundation, nella persona del prof. Vannoni, affinché le stesse provvedessero a collaborare, per quanto di competenza, con le modalità indicate nei comunicati del ministro». «Non essendo risultati i tempi per così procedere utili a garantire la tempestività richiesta dalle condizioni di salute della paziente, come da necessità e urgenza segnalata del medico prescrittore – si legge nella nota – l’Azienda ha ritenuto di doversi far carico prioritariamente della salute della paziente, assumendosi la responsabilità morale di procedere direttamente alla seconda infusione, fermo restando che la somministrazione avverrà sotto la responsabilità clinica del medico prescrittore e che ogni altra responsabilità, giuridica e amministrativa, è stata esplicitamente assunta da parte dei genitori di Sofia».
«LA MALATTIA NON ASPETTA» – «È impensabile che a Sofia sia nuovamente sottratta la speranza di una migliore qualità della vita. È impensabile offrire ai suoi genitori la prospettiva di rivivere l’angoscia già sperimentata in coincidenza con l’attesa della seconda infusione – dice Giuseppe Conte, legale della famiglia di Sofia -. I tempi della malattia di Sofia e l’accelerazione da questa impressa non si confanno ai distinguo dei responsabili sanitari e ai tempi richiesti dalle verifiche giudiziarie in corso. Chiedo a tutte le Autorità e a tutti i Responsabili sanitari, come pure a tutti i nostri interlocutori in questa drammatica vicenda, di assumersi la responsabilità di assicurare a Sofia il celere completamento del trattamento terapeutico già iniziato».
ZAIA: PRONTI A EROGARE CURE – La vicenda di Sofia non è sfuggita a Luca Zaia, presidente del Veneto, che propone di curare la piccola nelle strutture della sua regione. «Il Centro dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza è in attesa da lungo tempo dell’autorizzazione e le terapie con cellule staminali sono erogabili anche nelle Aziende Sanitarie Universitarie di Padova e Verona – ha detto -. Siamo quindi pronti a erogare cure a Celeste, a Sofia e a quanti altri piccoli possano averne bisogno purché ci si diano le necessarie autorizzazioni». Celeste è una bambina veneta che, spiega Zaia, «sta vivendo lo stesso calvario» di Sofia. «Come presidente della Regione mi sento responsabile delle condizioni di vita di ogni cittadino veneto e in questa veste dico che è nostro dovere tentare ogni terapia possibile per curare o lenire le sofferenze di queste piccole pazienti, a condizione che sia accertata la non nocività di questa terapia» ha aggiunto Zaia, ricordando che c’è in ballo anche una questione squisitamente tecnica: l’Agenzia Italiana del farmaco (Aifa) considera le cellule staminali alla stregua di farmaci e i centri che erogano le cure alla stregua di produttori. «Non sta a me dire se sia giusto o sbagliato – commenta Zaia -, ma se questa è la norma chiedo all’Aifa di accelerare al massimo le proprie verifiche che possano portare al più presto all’autorizzazione dei centri che saranno ritenuti idonei».

Redazione Salute Online Corriere.it 

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