NAPOLI – Un villaggio gay nel cuore di Napoli. Anzi, nell’epicentro estivo della movida cittadina. A partire da questa sera con un happening di inaugurazione — e poi ogni venerdì — il Borgo Marinari si trasformerà in un gay village, anzi nel BorGay Village. L’iniziativa è partita dall’associazione I-Ken, presieduta da Carlo Cremona, e prevede all’interno delle strade ai piedi di Castel dell’Ovo performance di artisti, musica, drink, ristorazione a tema «per un’atmosfera — assicura Cremona — mai vista al Borgo Marinari. Una vera e propria trasformazione di uno dei siti storici più caratteristici della città, a testimonianza della creatività partenopea. Tre mesi contrassegnati da ottima musica, degustazioni e performance artistiche che cambieranno il modo di fare eventi in città». Il primo Gay Village del Sud Italia, nato da una idea di Cremona e realizzato insieme al pr Francesco Comite, si propone come «open space all inclusive con una non discrimination in cui chiunque abbia libero accesso e possa esprimere il proprio sentimento senza sentirsi minacciata o minacciato di violenza omofoba e transfobia. Il Borgo Village — dice Cremona — unirà esperienze e organizzazioni di evento gay lesbica e trasgender a tradizionali organizzazioni etero e alle più stravaganti Queen».
Nei tre mesi estivi ci sarà spazio per tre grandi eventi comuni oltre alla realizzazione di reading, presentazione di libri, spazi dibattito. I locali che ospiteranno gli happening sono Le Bar, Mar.sal, Transatlantico e Megaride. Al Megaride sarà di scena una sera Coming out, al Marsal l’evento Free Lovers e al Transatlantico la sera Village Summer con ballerine di Burlesque, artisti circensi, GoGodancer. L’idea è insomma quella di creare uno spazio libero, aperto. Il pericolo è quello di creare un ghetto, uno spazio sì aperto, ma solo ad alcune persone che si divertono fra di loro. Ma, a sgomberare il campo da questa idea, interviene Salvatore Starita, proprietario de La Scialuppa, uno dei ristoranti storici del Borgo. «Da tempo — racconta — Napoli è diventata meta del turismo omosessuale. Coppie di uomini e di donne che hanno scoperto la tolleranza e le bellezza di questa città dopo il Gay Pride. Turisti che frequentano i grandi alberghi, i ristoranti di fascia alta e che al Borgo si vedono spessissimo. Insomma nessuna novità sostanziale per noi che serviamo clientela davvero trasversale». Elvira Chiosi, alla guida di un locale simbolo del Borgo — la Bersagliera — non ha nessun dubbio sull’anima tollerante di Napoli, ma esprime una serie di riserve sull’organizzazione degli eventi di promozione turistica a Napoli. «Di questa cosa ho saputo solo per caso — racconta — e mi pare sia un peccato non prevedere una informazione delle iniziative messe in campo. A prescindere dal tema. E questo è un problema di cui Napoli soffre storicamente». Ma il Borgo non rischia di finire caratterizzato come osai gay? «Dipende — spiega la Chiosi —. Iniziative come queste possono essere un inno alla tolleranza o anche scivolare negli eccessi. Credo che il Borgo possa essere aperto a tutti. E che chiunque debba poter vivere la propria serata secondo lo stile che sente più congeniale. Senza forzature».

di Anna Paola Merone (napoli.corriere.it)

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