NAPOLI – “Non mi arrendo vivo una situazione fortemente discriminatoria, non ci possono essere vittime di serie A e vittime di serie B”. Così la vedova di Giuseppe Veropalumbo, Carmela Sermino, donna coraggiosa e determinata, conduce la battaglia contro la burocrazia, perché la legge non contempla il caso specifico. Il fatto, all’epoca, commosse l’Italia: Giuseppe, a soli 30 anni, morì colpito da un proiettile vagante la notte di capodanno 2007. Una notte di festa trasformata in tragedia, ma la moglie e la figlioletta di otto anni non hanno diritto al riconoscimento dello status di familiare di vittima della criminalità organizzata, perché il colpevole non è stato scoperto. Una nota del Ministero degli Interni chiude così la vicenda del giovane carrozziere di Torre Annunziata, ucciso mentre si trovava nel salotto di casa, in attesa del tradizionale brindisi di fine anno.
LETTERA AL PRESIDENTE DELLA CAMERA – Sentendosi lesa nei suoi diritti di donna, moglie e madre, la giovane ha inviato una toccante lettera alla presidente della Camera, Laura Boldrini, alla quale ha chiesto anche un incontro: “Mio marito – scrive – faceva il carrozziere nell’officina del padre. Era incensurato e non aveva frequentazioni malavitose. La sua unica colpa è stata quella di essere rimasto a vivere, dopo il matrimonio, nel quartiere d’origine, in quello che, in anni lontani, era il cuore pulsante della città”. Un territorio in guerra, permeato dal traffico di droga, ma la famiglia Veropalumbo era felice.
ARCHIVIATE LE INDAGINI – Le indagini, purtroppo, sono state ufficialmente archiviate senza dare un nome e un volto all’assassino: “Perizie balistiche, interrogatori, sopralluoghi, ricostruzioni, intercettazioni telefoniche e ambientali non hanno portato a nulla. L’uccisione di un uomo onesto, nel fiore degli anni, non ha, dunque, un colpevole”.
SENZA CONDANNA NESSUN BENEFICIO – Nel documento che accompagna il decreto di archiviazione il procuratore Diego Marmo spiega che, anche senza un responsabile, Veropalumbo è una vittima indiretta della camorra in considerazione “della eccezionale densità e propensione criminale del rione, del numero di bossoli rivenuti nelle strade la mattina seguente, della mole di armi sequestrate nei mesi successivi e del numero degli arresti per reati riconducibili all’azione dei clan”. Per i vertici del Ministero tutto questo non basta. Senza condanna niente benefici. E Carmela è costretta a fare i salti mortali per mantenere la figlioletta e continuare a credere nelle Istituzioni. Non si ferma nella sua battaglia.
di redazioneweb