Politiche_socialiBOLOGNA – Da qualche mese in via Fondazza, è nata la prima “Social Street italiana”, una comunità, dove ci si conosce e ci si aiuta reciprocamente, dove gli abitanti sperimentano una nuova economia, quella del mutuo soccorso tra vicini di casa. L’idea è di Federico Bastiani, giornalista. Federico, con sua moglie e il loro bimbo, a Bologna, in via Fondazza, abita solo da qualche anno e avendo le famiglie di origine lontane, ha pensato di crearne un’ancora più grande. Ha stampato dal suo computer una serie di piccoli manifesti, distribuendoli per strada in posti strategici, con l’invito a iscriversi al gruppo da lui creato su Facebook. Un gruppo chiuso, con lo scopo di favorire la socializzazione tra i residenti della via, creare occasioni per condividere amicizia e problemi pratici. In pochissimo tempo in tanti hanno aderito all’idea. C’è chi si offre come baby sitter, chi ripara scarpe e chi come traslocatore. Anche i negozi locali, il cinema, il ristorante, il bar, hanno voluto aderire e fare uno sconto. Da settembre a oggi, solo a Bologna, sono nati altri 5 social street, uno a Ferrara a Milano e Roma. Altri 15 sono al vaglio. Un fenomeno di cui oltre ai media, si stanno interessando anche sociologi, antropologi, e perfino agenzie immobiliari.  Proprio ieri a Bologna, presso il Centro di documentazione delle donne, si è tenuto il primo incontro di tutti gli abitanti di via Fondazza, con l’obiettivo di spiegare il progetto e far conoscere tra di loro tutti quelli che hanno condiviso l’idea, sia quelli iscritti su fb, sia per quelli che non usano il social network. All’evento ha partecipato anche Loretta Napoleoni, giornalista, esperta di sistemi finanziari ed economici e di e -democracy.
ESSERE PARTE ATTIVA DELLA COMUNITA’ – Federico Bastiani ci racconta l’esperienza di questo fenomeno: «Una risonanza così non si aspettava, infatti, inizialmente l’incontro di domenica doveva essere fatto in Via Fondazza, ma poi abbiamo dovuto prendere una sala. Al primo incontro si era in 5, poi 15, poi 45. La mia idea è fare in modo che ognuno possa sentirsi parte attiva di una comunità. In social street, tutti possiamo essere come dei volontari, quindi portare aiuto, che sottintende uno stare meglio, un bene – essere di una comunità strategica, quella del luogo dove abitiamo. Le regole che ci siamo dati sono: non avere interessi economici, religiosi e ideologici. Chiunque può proporre una sua idea, un progetto o fare una richiesta e dare la sua disponibilità. Siamo stati contattati da tantissimi media, anche dalle redazioni d’importanti trasmissioni televisive. Il responsabile comunicazione del Comune di Bologna ci ha scritto che l’amministrazione ha piacere di porre un osservatorio sul nostro esperimento. Anche dal Comune di Bari ci hanno chiesto di potersi iscrivere al gruppo per conoscere meglio l’iniziativa, e un’organizzazione di Comuni, vicini all’ANCI, ci ha inserito nella loro newsletter. Mi chiedono, perché tante persone si sono rivolte al social st. Secondo me- continua il giornalista – perché con S. St. le risposte sono più complete e  si può contare  sull’esperienza diretta  del tuo vicino, che sta li, sai chi è, conosci dove abita e  quindi, su di un rapporto di fiducia , che è la base di social st. Tante persone, da altre città, mi chiedono quali sono le prime cose da fare per “ aprire” un Social street. Io rispondo invitandoli a una riflessione: sei per strada e una persona che non conosci ti saluta. Bene, se gli sorridi e lo saluti anche tu, allora sì, sei sulla strada giusta.. La mia idea? Mi piacerebbe trasformare l’Italia in una grande Social Street».
di Paola Amore.

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