BRUXELLES – Le donne, più degli uomini, soffrono a causa della crisi che ha avuto come conseguenza svariati tagli di bilanci e della spesa sociale, che devono, quindi, essere compensati da investimenti nella formazione professionale e nell’imprenditoria femminile. Questo quanto evidenziato dai deputati dell’ UE in una risoluzione non vincolante sull’impatto della crisi sulla parità di genere e i diritti delle donne. Altre due risoluzioni, invece, riguardano le misure di lotta contro gli stereotipi di genere nell’UE e la tutela dei diritti delle donne nell’Africa del Nord.
CONDIZIONI DIFFICILI – «Le donne si trovano ad affrontare una crisi silenziosa che peggiora e indebolisce la loro condizione- spiega la relatrice Elisabeth Morin-Chartier (PPE, FR)-. Prima della crisi economica erano la disoccupazione, il lavoro precario, i salari bassi e le carriere lente i fattori che interessavano le donne più degli uomini. Oggi con gli effetti delle politiche di austerità, alle donne viene inflitta una doppia punizione». Il Parlamento sottolinea come i tagli all’istruzione e all’assistenza all’infanzia abbiano spinto le donne a cercare un lavoro part-time, riducendo in tal modo non solo il loro reddito, ma anche le loro pensioni. Secondo i deputati europei, quindi, per rilanciare la crescita e contrastare gli effetti della crisi gli Stati membri devono puntare sulla formazione continua, nella riqualificazione delle politiche, nel telelavoro e in nuovi posti di lavoro. Altro fattore importante è la promozione dell’imprenditorialità femminile e lo sviluppo dei servizi di custodia dei bambini. Inoltre, le donne devono essere incluse nel processo decisionale e deve essere promosso l’equilibrio di genere nei consigli d’amministrazione. La risoluzione sull’impatto della crisi sulla parità di genere e i diritti delle donne è stata approvata con 495 voti favorevoli, 96 contrari e 69 astensioni.
STOP AGLI STEREOTIPI – La questione relativa agli stereotipi di genere contribuisce alla femminilizzazione della povertà. Questi, ormai, esistenti sul mercato del lavoro in settori come l’ingegneria e l’assistenza all’infanzia, portando alla segregazione occupazionale e al differenziale retributivo di genere. «Stereotipi e retribuzioni inferiori aumentano il rischio per le donne di cadere in povertà- afferma la relatrice Katrika Tamara Liotard (GUE/NGL, NL). In particolare per le donne anziane, anche a causa delle pensioni basse. I media possono contribuire a ridurre gli stereotipi delle donne». Il Parlamento europeo invita, quindi, la Commissione e gli Stati membri a utilizzare i programmi comunitari, quali il Fondo sociale europeo, per avere un maggior numero di donne nelle professioni in cui sono sotto-rappresentate e per garantire la parità di retribuzione per lo stesso lavoro. I deputati chiedono misure per combattere gli stereotipi di genere in materia di istruzione, a partire dalla scuola materna, nella pubblicità e nei media, nel mercato del lavoro e nella politica. Insistono, inoltre, sul fatto che l’immagine femminile deve essere riportata in modo da rispettare la dignità della donna. La risoluzione non vincolante sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’UE è stata approvata con 368 voti favorevoli, 159 contrari e 98 astensioni.
AFRICA DEL NORD – Il Parlamento chiede di utilizzare più efficacemente gli strumenti comunitari, per tutelare i diritti delle donne nei paesi del Nord Africa e chiede alle autorità dei paesi interessati di inserire nelle proprie costituzioni il principio dell’uguaglianza tra donne e uomini e di porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro le donne. «Con questo rapporto- commenta l’europarlamentare Silvia Costa- il Parlamento Europeo impegna l’Unione Europea a sostenere i processi di transizione in corso in Egitto, Tunisia, Libia e Marocco, garantendo il pieno coinvolgimento delle donne nei luoghi decisionali, nei parlamenti, nella nuova Strategia di partenariato Euromediterraneo e quindi negli Accordi bilaterali e regionali alla luce del principio del “more for more”, più sostegno per più democrazia».
di Sabrina Rufolo