«La variazione del contenuto termico degli oceani nel 2021 è equivalente all’energia che si otterrebbe facendo esplodere 7 bombe atomiche ogni secondo, per tutta la durata dell’anno». Lo afferma uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Advances in Atmospheric Sciences e redatto da 23 ricercatori di 14 istituzioni, tra cui l’Ingv ed Enea.

Il 2021 appena trascorso conferma la preoccupante tendenza degli ultimi 6 anni, segnando nuovamente un record nella misurazione della temperatura degli oceani. Come spiegato sul sito dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile: «per il ruolo che l’oceano riveste nel modulare il clima della Terra, il contenuto di calore dell’oceano rappresenta il miglior indicatore del fatto che il pianeta si stia riscaldando o meno». La spiegazione è semplice. Gli oceani e tutti i mari possono rilasciare o assorbire CO2, proprio perché questa sostanza è solubile in acqua. Ogni anno, circa 3 miliardi di tonnellate di CO2 vengono assorbite dagli oceani; il 30% del totale della CO2 emessa dalle attività umane (il Nord Atlantico ne assorbe da solo il 23%). Questo processo naturale, chiamato pompa di solubilità, se non alterato, ci consente di poter contare su un fondamentale alleato per la lotta ai cambiamenti climatici. L’incremento di temperatura dell’acqua, però, diminuisce la solubilità della CO2. Pertanto, l’aumento della temperatura degli oceani fa si che la CO2 incamerata sia sempre meno, provocando un’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera. «È molto importante sottolineare che l’oceano assorbe poco meno di un terzo della CO2 emessa dall’uomo, ma il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciandone una percentuale maggiore in atmosfera», spiega la Ricercatrice dell’Ingv, Simona Simoncelli, «Il monitoraggio e la comprensione di come evolvono nelle acque oceaniche la componente termica e quella legata alla CO2, sia individualmente che in sinergia, sono molto importanti per giungere ad un piano di mitigazione che rispetti gli obbiettivi approvati per limitare gli effetti del cambiamento climatico. Ad esempio, in conseguenza del riscaldamento delle acque degli oceani, tralasciando l’apporto dell’acqua di fusione dei ghiacciai, sta aumentando il volume e quindi il livello del mare, con ripercussioni drammatiche per gli atolli del Pacifico e stati insulari come le Isole Maldive, ma anche per le nostre aree costiere. Inoltre, acque degli oceani sempre più calde creano le condizioni per tempeste e uragani sempre più violenti e numerosi, abbinati a periodi di caldo esasperato in zone sempre più estese. E, tutto questo, senza considerarne gli effetti biologici: l’acqua più calda è meno ricca di ossigeno e ciò influisce sulla catena alimentare; così come acqua con acidità più elevata ha effetti anche pesanti sulle forme viventi». La crisi climatica, generata dalle attività umane, sta minando i delicati e complessi equilibri biodinamici del nostro Pianeta: assorbendo l’anidride carbonica, l’acqua dei mari tende a diventare sempre più acida. Questo processo di acidificazione, superato un certo valore di pH, può determinare danni irreversibili agli ecosistemi marini. Un esempio significativo degli effetti che può avere l’acidificazione dei mari sull’intero ecosistema, può essere rappresentato dallo scioglimento o la mancata formazione dei gusci calcarei di cui sono fatti molti organismi marini, tra questi il plancton, che rappresenta la base della catena alimentare marina, e che è in grado tramite fotosintesi di emettere il 50% dell’ossigeno che noi respiriamo.

In questo quadro, a risentire maggiormente dell’aumento delle temperature sono le acque costiere e i mari minori. Non fa eccezione il Mediterraneo, che si conferma essere il mare che si sta riscaldando più velocemente. Per il Mediterraneo, sottolinea l’Enea in una nota, ai dati illustrati nello studio, si aggiungono quelli del monitoraggio della temperatura nei mari Ligure e Tirreno, nell’ambito del progetto MACMAP dell’Ingv, cui partecipa Enea. Dal 1999, utilizzando le navi commerciali che percorrono la rotta tra Genova e Palermo, sono stati acquisiti dati di temperatura che hanno consentito di analizzare le variazioni termiche nel tempo. Partner fondamentale di questa attività è la compagnia di navigazione italiana GNV (Grandi Navi Veloci), dalle cui navi vengono lanciate le sonde che misurano la temperatura. «Durante l’ultima campagna di rilevamento dati, a metà dicembre 2021, sono rimasto prima sconcertato e poi sempre più sconfortato dai dati che comparivano sul monitor del sistema di acquisizione», afferma Franco Reseghetti di Enea, che esprime preoccupazione anche per un altro dato: «Nel mar Tirreno trovavo l’isoterma T = 14°C quasi sempre sotto i 700 m, talvolta anche intorno a 800 m, valori di profondità che mi hanno sorpreso. In pratica ha iniziato a scaldarsi in modo evidente anche una zona più profonda rispetto al passato. Purtroppo, per il 2022 non siamo in grado di fornire previsioni, anche se la strada intrapresa negli ultimi anni dal mar Mediterraneo sembra abbastanza chiara, con valori sempre crescenti di energia presente nelle sue acque, che rimane a disposizione per l’interazione con l’atmosfera dando, sempre più spesso, origine ad episodi meteo estremi, come ondate di calore e violenti fenomeni precipitativi, sconosciuti in precedenza in queste zone».

di Valerio Orfeo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui