Tutti gli animali hanno dei diritti e il disconoscimento e il disprezzo di questi diritti da sempre portano l’uomo a commettere crimini contro la natura e contro gli animali. Il rispetto degli animali da parte degli uomini deve essere insegnato dall’infanzia. In considerazione di ciò bisogna informare e sensibilizzare i cittadini contro l’acquisto di pellicce.

“In questo caso gli animali- spiegano i volontari dell’associazione We Can- sono allevati per essere uccisi e non solo. Essi infatti sono sottoposti a continuo stress, dovuto ad esempio alla mancanza del rispetto della territorialità che comporta un aumento della loro aggressività. Essi vivono in gabbie dalle dimensioni ridottissime e sono costretti a subire correnti d’aria e freddo, per favorire l’infoltirsi del pelo senza considerare che le femmine divengono spesso “macchine” forzate alla riproduzione.

I metodi di soppressione in allevamento cambiano a seconda delle dimensioni dell’animale. Nel caso di animali più grossi, come le Volpi, si usa l’elettricità infilando elettrodi nell’ano e nella bocca, oppure un proiettile nella nuca, o il soffocamento da gas.

Per gli animali di taglia più piccola, come i Visoni, si utilizza un colpo di martello sul muso, un chiodo conficcato nella fronte oppure si annega l’animale precedentemente tramortito. Altri metodi diffusi sono l’avvelenamento con stricnina e il soffocamento con cloroformio.

Le industrie conciarie, oltre allo smaltimento dei liquami e delle carcasse, già di per sé ovvio problema ecologico, sconvolgono anche l’ecosistema a causa della scomparsa di una specie o della presenza di animali al di fuori del loro luogo di origine, provocato dall’uomo. Lince e Lontra, per esempio, in seguito al “prelevamento faunistico” versano in una situazione critica in Europa e sono quasi del tutto scomparse in Italia. Senza parlare della Nutria che, importata dal Sud America, ha finito per invadere moltissime delle nostre zone umide, entrando in competizione con alcune specie locali.

Purtroppo negli ultimi anni si è visto un aumento di richiesta di capi con pelliccia, anche tra i giovani. Molte grandi firme hanno rinunciato alla pelliccia, mentre altre, come piccole catene, continuano ad avere la doppia produzione. Le persone non sono a conoscenza del fatto che molti inserti derivano dallo sfruttamento e dalla sofferenza animale. E’ il caso per esempio anche dei guanti, o i pon pon dei cappellini. Sono circa 7.000 allevamenti in Europa che realizzano ogni anno il 60% di produzione mondiale delle pelle di visone, con lo sfruttamento di 30 milioni di animali. La percentuale di pellicce provenienti da allevamenti intensivi è pari all’85%”.

Sono ancora tanti gli allevamenti da visoni aperti sul nostro territorio e ci sono circa 200.000 gli animali detenuti. L’Organizzazione di Volontariato We Can propone l’abolizione definitiva di tutto ciò attraverso la raccolta firme e di una proposta di legge. “Per questa ragione – proseguono i volontari in una nota- è fondamentale sensibilizzare il cittadino attraverso l’attenzione dell’opinione pubblica e a tal fine ci rivolgiamo alla Commissione Sanità e alla Commissione Agricoltura per chiedere la chiusura degli allevamenti di animali da pelliccia. L’Organizzazione di Volontariato We Can consiglia ai cittadini interessati di porre attenzione all’etichetta prima dell’acquisto di capi d’abbigliamento: se composti di pelliccia, piume o pelle, l’etichetta avrà la dicitura “contiene parti non tessili di origini animale”, se il materiale sintetico avrà la dicitura “no fur” (Assenza di pelliccia – ndr).
Rappresentiamo la società civile che si mobilita per creare la più grande comunità di difensori dei diritti degli animali. Siamo impegnati perché per tutti gli animali siano garantiti questi diritti. Sempre”.

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