Tre anni fa, dopo un emocromo, ho scoperto di essere affetta da leucemia mieloide acuta. Avevo partorito da poco, mia figlia aveva solo 10 mesi. La mia vita è stata completamente stravolta, ho dovuto cominciare da subito le chemioterapie: il mercoledì mi hanno dato la diagnosi e già il sabato ho fatto la prima infusione. Nel corso della prima chemio sono rimasta in ospedale 48 giorni, il midollo non ripartiva, e durante il secondo ricovero mi hanno detto che avrei dovuto fare il trapianto di midollo, perché la genetica del mio tumore era ad alto rischio di recidiva.
MIA FIGLIA
E’ stato un percorso molto duro, non solo per le paure legate alla malattia ma anche perché ero appena diventata madre, la mia vita era cambiata in modo repentino per la seconda volta con una nuova responsabilità. Nei giorni in ospedale ero combattiva e lucida ma il mio pensiero andava sempre a mia figlia, che non ho potuto vedere per moltissimo tempo mentre era così piccola. Lei è stata il mio
faro, la cosa che mi ha mantenuto positiva, combattiva, che non mi ha mai fatto perdere la fiducia nei medici e nel mio percorso. Il mio obiettivo era tornare da lei e dal mio compagno, che si è occupato di noi a 360 gradi in modo meraviglioso. Il trapianto è stata la prova più dura della mia vita fisicamente, psicologicamente ed emotivamente, ma mi ha permesso di sopravvivere ed attualmente il percorso si conferma positivo. Una delle conseguenze per una trapiantata come me, però, è essere permanentemente immunodepressa. La mia vita è quindi diversa da quella degli altri, anche se sto bene, perché devo sempre cercare di non espormi ad infezioni che per le persone sane sono banali (pensiamo alla comune influenza) ma che per me possono avere conseguenze gravi. Queste cautele sono ancora più importanti da quando è in atto l’infezione da Coronavirus.
JOHN DONNE
Ci sono diverse categorie di persone come appunto gli immunodepressi, i trapiantati, i malati di malattie autoimmuni, i malati di malattie rare e chi sta seguendo una chemio che sono costretti a chiudersi in casa, limitando i rapporti anche con parenti e amici. Apparteniamo a quel 20% di persone fragili che rischiano di pagare il prezzo più alto di questa epidemia, ed è ovvio che le nostre tutele da sole non sono abbastanza. “Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”. Credo che questa riflessione di John Donne sia sorprendentemente attuale, stiamo infatti vivendo il periodo più surreale probabilmente della nostra esistenza per proteggerci e proteggere anche l’intera umanità dal pericolo di un virus. Io sono in quarantena da 2 mesi e all’inizio del mio periodo di isolamento ho letto tantissime cose che mi hanno ferito come persona e come malata, tra queste “il COVID-19 non è letale e può potenzialmente uccidere solo le persone che sono già ammalate o gli anziani”.
LA FIDUCIA
Oggi con i nuovi focolai italiani e l’intervento politico siamo tutti in quarantena e mi sento meno sola. Le fasce a rischio non possono proteggersi da sole, tutti devono fare la loro parte seguendo le norme, le restrizioni e le indicazioni di medici e istituzioni. Il senso collettivo di responsabilità e la civiltà si dimostrano con la capacità di tutelare i più deboli e più fragili, anche se questo comporta la limitazione momentanea della propria libertà. Perché anche chi non rientra nelle categorie particolarmente a rischio, può ugualmente essere un veicolo di contagio per i più vulnerabili. Mi viene da pensare a tutti quegli infermieri, medici, paramedici che in questo momento stanno lavorando con turni disumani, mettendo a rischio la propria vita ed anche le proprie famiglie per prendersi cura degli altri. A noi viene chiesto solo di cambiare per un po’ le nostre abitudini, ma la maggior parte delle persone si lamenta. Certo in questo momento il futuro è molto incerto e questo butta tutti in un grande senso di angoscia, ma io credo molto nella scienza e nelle persone. Abbiamo in poco tempo cambiato abitudini e sacrificato una parte di noi per qualcosa di più grande, ognuno di noi uscirà da questa esperienza un pochino migliore.
di Caterina Piscitelli