NAPOLI- «Mio padre è un soggetto allergico. Tre giorni fa ha avuto la febbre e non ha potuto prendere nemmeno una tachipirina. La temperatura gliel’hanno fatta calare con pezze bagnate sulla fronte. Ma non si può vivere la detenzione in queste condizioni». Anna Maione ha 27 anni, viene da San Giovanni a Teduccio e almeno una volta a settimana va a trovare il padre Benito, 47 anni, detenuto a Poggioreale per una rapina. «Ormai è qui da cinque mesi – spiega – ma è affetto da diverse patologie e non viene curato. Ha un’insufficienza venosa alle gambe, è asmatico e soffre di attacchi di panico. Passa le sue giornate in una cella di pochi metri quadrati con dodici persone, mentre potrebbe scontare la sua condanna di 6 anni e 8 mesi ai domiciliari, che prima gli sono stati concessi, poi tolti». Anna ha manifestato insieme all’Associazione ex detenuti guidata da Pietro Ioia e a Salvatore Ronghi, segretario federale di Sud Protagonista, davanti al penitenziario di Poggioreale. Una protesta pacifica contro il sistema carcerario e, soprattutto, contro le condizioni di invivibilità di quella che ormai non è considerata una prigione, ma un mostro che conduce i reclusi a una morte lenta. Allarmanti i dati e gli episodi degli ultimi giorni: un sovraffollamento di 2.200 persone a fronte di una capienza di 1.600, due suicidi in pochi giorni, un incidente occorso ad una donna che si è vista piovere addosso calcinacci nella sala colloqui e lo scandalo di un agente di polizia penitenziaria che forniva droga ai carcerati.
«Abbiamo manifestato per ribadire i tre cancri che produce questo carcere – dice Ioia – malavita, mala sanità e morte. La piaga maggiore è la mancanza di cure. I detenuti che si rivolgono a noi non chiedono di uscire ma di essere curati, perché viene loro negato il diritto alla salute. Il padiglione peggiore da questo punto di vista è il Milano, dove ci sono i detenuti che scontano pene per reati comuni. Poi c’è il tema suicidi. Queste persone vivono come bestie in celle anguste e bollenti per l’afa e ciò li porta alla disperazione». 
 
Delocalizzare Poggioreale è la proposta di Ronghi: «Sono trascorsi due anni da quando l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando annunciò di voler alienare San Vittore, Regina Coeli e Poggioreale per il sovraffollamento e le strutture fatiscenti. Da allora su Poggioreale è calato di nuovo il silenzio e l’istituto di pena somiglia, sempre più, ad un mostro che uccide. Va riconosciuto tuttavia il ruolo importante della polizia penitenziaria, perché se è vero che in questo primo semestre ci sono stati 24 suicidi nelle carceri italiane, è altrettanto vero che ne sono stati sventati oltre 500 a dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto dagli agenti». «Il carcere di Poggioreale ha gravi e incolmabili deficit innanzitutto sul piano strutturale ed è per questo che è un totale fallimento dal punto di vista della rieducazione della pena e del reinserimento sociale dei detenuti e, quindi, è un mostro da abbattere – ha aggiunto Ronghi – ecco perché ne proponiamo la delocalizzazione in un’area periferica e la sostituzione con un edificio moderno, spazi adeguati per i detenuti e attività necessarie al reinserimento nella vita sociale. Per questo da oggi avvieremo una raccolta firme indirizzata al Presidente della Repubblica».
 
di Giuliana Covella 

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