NAPOLI- Sulle cartoline degli anni ’70 del Lago Patria, segno ingiallito di un periodo glorioso che aveva visto il litorale protagonista delle estati napoletane, c’è immancabile una colonna del Foro dell’antica Liternum o detta volgarmente la “tomba di Scipione”. Oggi l’area è un parco archeologico-naturalistico caratterizzato dalla flora e dalla fauna tipiche delle zone umide aperto 24 ore su 24 poiché al suo interno, nonché a ridosso degli scavi sorgono due abitazioni abusive. Grazie alla dottoressa Patrizia Gargiulo, Responsabile di Area della Soprintendenza ai Beni Archeologici scopriamo quanto è stato fatto per portare alla luce l’antica Liternum e cosa andrebbe fatto per tutelarla. Diciamolo subito, a dispetto delle palme così diffuse in questa zona che rimandano subito all’immagine di Publio Cornelio Scipione a cavallo di un elefante, la sua tomba non è mai stata rinvenuta. Parola di Patrizia Gargiulo, responsabile di Area della Soprintendenza ai beni archeologici. Nel 194 la colonia romana di Liternum era posta, come quella di Volturno, a presidio della costa, ma ciò che la rese famosa è che Scipione decise di trascorrere qui l’ultimo periodo della sua vita. “Si parlava anche di una morte di Scipione avvenuta a Roma, ma in realtà è qui che è morto dato che anche Seneca ne parla in una lettera – assicura Gargiulo che si occupa degli scavi dal ‘92 -. Liternum costituisce la testimonianza archeologica più importante del litorale Domizio insieme ai resti dell’antica via Domiziana nei pressi del ponte del Lago Patria, costruita per collegare in modo più veloce Roma con Puteoli, ma purtroppo è uno dei siti meno conosciuti e valorizzati della Campania”.

I primi scavi di Liternum furono effettuati tra il 1932 e il 1937 dall’allora soprintendente Maiuri con lo storico Giacomo Chianese che andavano alla ricerca della tomba di Scipione. Al tempo la colonia romana famosa per il grande condottiero detto l’Africano, trionfatore nel 202 a.C. sui cartaginesi nella battaglia di Zama, che mise fine alla seconda guerra punica,era un argomento che si prestava alla propaganda fascista, tanto che Mussolini bonificò l’area paludosa.  Quell’“elmo di Scipio” del rivoluzionario Canto degli Italiani,venne addirittura utilizzato da Mussolini nella sua propaganda fascista, benché divenne poi il simbolo della Repubblica Italiana.
“Maiuri e Chianese rimasero delusi perché cercavano la villa di Scipione e la tomba che non furono mai trovate poiché la zona era stata fortemente urbanizzata. Negli anni ’30 furono conservate le cose più importanti:  2 statue nel foro, molte epigrafi del III secolo riutilizzate in età tarda per pavimentare l’orchestra del teatro. Il che dimostra che il teatro ha funzionato almeno fino al III, IV secolo dopo Cristo”.
Negli scavi recenti degli anni ’90 nell’area urbana della città non lontano dal foro è stato trovato un tempio di età repubblicana e ambienti con aperture rivolte verso il lago che probabilmente erano magazzini affacciati su un porto interno al lago. Oggi è il Museo di Baia a conservare i reperti dei Campi Flegrei e dunque anche quelli di Liternum. “A Baia è esposta anche una campionatura dei materiali trovati negli anni ’90- continua la ricercatrice-  che esemplificano le attività produttive dell’epoca: gli ami e i pesi da rete per la pesca e i pesi da telaio per la filatura e la tessitura, inoltre alcune monete, ceramiche dell’età del bronzo e di età classica e frammenti preistorici che dimostrano che la zona era abitata anche in età preistorica, e alcuni corredi funerari, vasi, lucernette, monete e boccalini, rinvenuti nella necropoli esplorata a sud dell’abitato, nella zona di Varcaturiello, prima che vi costruissero”.

Negli anni addietro si era parlato di inserire l’area archeologico naturalistica nel percorso della Circumlago, ma la realizzazione del percorso ciclabile naturalistico è stato rimandato per decenni (i lavori di rifacimento dovrebbero finalmente partire a breve) nonché di costruire un Museo antistante gli scavi dove si trovava uno scheletro di un palazzo mai ultimato e abbattuto una decina di anni fa, e in molti, come l’associazione Eco dell’area costiera lo sperano ancora oggi, mentre la Soprintendente lo esclude  perché nel sottosuolo c’è ancora parte dell’antica Liternum, sia perché non ci sarebbero i fondi per gestire un museo, dal momento che già non ci sono per gestire ciò che è stato riportato alla luce. Una gestione trina eppure miope. “I terreni degli scavi furono espropriati dalla Provincia negli anni ’50 quando fu costruito il doppio senso. Ora è un po’ della Provincia, un po’ del demanio statale e in massima parte del demanio comunale che ultimamente ha acquisito tutta la restante parte. Ora l’area è tutta pubblica. Io me ne occupo dal ’92. Sono passati molti anni si è fatto parecchio, le acquisizioni, la ripresa dei lavori hanno segnato una svolta nella storia di questo sito che però ha ancora tante potenzialità inespresse. Oggi è un parco attrezzato a verde, ma se si scava esce in luce la città. Il parco dopo un breve affido ad una associazione locale oggi non è gestito da nessuno. E’ aperto perché c’è una costruzione abusiva alle spalle del foro: l’originaria casetta di un colono che si è allargato. Esiste un protocollo d’intesa tra Provincia, Comune e Soprintendenza finalizzato a valorizzare e rendere fruibile il parco, ma nessuno dispone dei fondi necessari per interventi straordinari: ognuno diserba periodicamente la sua area di competenza, ma non si compiono nuovi lavori. Se le strutture non si possono restaurare è in utile scavarle. C’è una volontà istituzionale che fin ora si è concretizzata nella cura ognuno della sua area. Le basi sono state gettate speriamo che si riesca”. Chissà se l’amministrazione locale e regionale, così come l’Italia sarà scossa dal sonno secolare e indosserà “l’elmo di Scipio” restituendo all’antica Liternum la dignità che merita.

di Alessandra del Giudice

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