Tutti conosciamo la storia di Icaro. Dedalo fu rinchiuso, insieme al figlio Icaro, dal re Minosse nel Labirinto da lui progettato. Per fuggire costruì della ali con piume di uccello e cera. Ammonì il figlio, però, di non salire troppo in alto nella fuga. Tuttavia Icaro preso dall’ebbrezza del volo e dalla brama di libertà si avvicinò al sole, le ali si sciolsero, si disfecero e cadde nel mare. Icaro diviene, pertanto, il simbolo di chi, per troppo volere nulla stringe, dell’arrogante che sfida le regole e le convezioni, del disobbediente.

Nel libro “ Icaro” ( A.De Frede Editore – Napoli 2021, 235 pagine, costo 20 euro) l’autore Antonio Martone compie un ribaltamento della visione letterale del mito di Icaro e gli restituisce una dignità psicologica. Icaro libero, vola tra le stelle. Ci sono dei momenti nella vita in cui ci sentiamo imprigionati, dal lavoro, da una relazione, da una situazione imbarazzante o da noi stessi. L’uomo che ha costruito il labirinto per imprigionare i propri mostri ( il minotauro) alla fine imprigiona se stesso. Quando cerchiamo di contenere o ignorare le parti mostruose di noi, alla fine imprigioniamo anche noi stessi, come se per catturare le proprie paure fosse necessario chiudersi dentro di loro.

Imprigionati dalle reti, aneliamo cosi la libertà e per fuggire dai labirinti dell’anima, scorgiamo come soluzione l’andare fra le stelle, avvicinarsi all’inavvicinabile, fallire, morire per rinascere e cominciare da capo, senza costrizioni . Icaro, diviene, pertanto, simbolo della libertà acquistata ad un unico costo: sacrificare noi stessi per come ci eravamo conosciuti all’interno del labirinto e proseguire in una nuova direzione.

Nel testo trovano voce personaggi opachi, densi e tenebrosi, spesso destinati alla sconfitta, mossi da un profondo senso di malessere e dal desiderio di trovare una giustificazione alla propria esistenza. Antonio Martone, docente di Filosofia politica presso l’Università di Salerno, studioso ad ampio raggio delle civiltà di massa e delle soggettività contemporanee in “ Icaro” esprime tutto il suo interesse per la condizione dell’uomo nel mondo.

Nei tre racconti “ La caduta delle maschere” “ Il morso della modella” “ Estasi e follia”affronta il tema dell’ umano  disagio esistenziale che si rivela nella necessità di interpretare infinite maschere per sopravvivere ad una società in cui la libertà assoluta non esiste se non attraverso la follia come forma di opposizione e naturale conseguenza di una società malata. Uno scritto che non offre risposte semmai crea dubbi ed ulteriori quesiti.

Nell’immaginario collettivo Icaro è colui che si oppone alle regole, nel suo libro chi è?

“I tre protagonisti del volume alzano il sipario su uno dei più gravi problemi che affligge la nostra realtà esistenziale e sociale contemporanea, ossia il mal di vivere dell’uomo e la ricerca costante della propria identità. Quest’ultima, infatti, il più delle volte, si rivela essere un gioco assurdo del destino e un’imposizione della comunità nella quale viviamo: può capitare che, ad uno sguardo più profondo e interno, non ci si riconosca in essa. Non di rado ci si adegua per quieto vivere o per opportunismo ad un’esistenza che non sempre ci appartiene davvero.  Icaro è un viaggio nell’intimità dell’anima che ci fa penetrare nei meandri più profondi della psiche, rivelando pulsioni talvolta inconfessabili. Proprio grazie alle loro imperfezioni, i protagonisti di Icaro riescono a far cadere le maschere: sbagliano, magari continuano a sbagliare, vivono colpi di scena imprevedibili, attraversano emozioni dolorose, o eroticamente attraenti, ma sempre molto intense e vive”.

I suoi personaggi possono, nella loro drammaticità, essere definiti eroi?

“I personaggi delineati nel testo faticano a conservare un’identità stabile. Viceversa, le figure narrate appaiono affette da un’insoddisfazione permanente che le conduce ad un conflitto spietato con sé stesse e con il mondo. Il volume è un libro dai mille risvolti e dai mille volti, pluristraticato e con un campo semantico assai profondo – e in questo specialissimo senso, raccoglie e rilancia l’eredità del romanzo filosofico. Credo che i personaggi di Icaro siano “eroi” nella misura in cui è possibile esserlo oggi. Sono eroi nella loro capacità di fuggire da un mondo inospitale. Sono eroi nel loro rifiuto delle convenzioni e dei conformismi. Sono eroi, infine, perché si sforzano di essere autentici e di conservare il rispetto dovuto alla loro identità. Fanno tutto questo con coraggio e, come accade sempre agli eroi della libertà, pagano un prezzo che in taluni casi è assai alto”.

Secondo lei oggi i veri eroi possono essere considerati coloro  che decidono di vivere intensamente la vita, superando ataviche paure?

“Non credo che esistano “paure ataviche” che si possano integralmente superare. In fondo, l’uomo è sempre lo stesso: possiede (anzi è posseduto da) ancor sempre i medesimi problemi (l’amore, la malattia, l’invecchiamento, gli affetti, il lavoro) e la paura aiuta ad affrontare questi eventi strutturali della nostra vita. Se l’uomo non avesse avuto paura, non sarebbe sopravvissuto: e questo sia come specie sia come individualità. Ciò che invece può effettivamente cambiare è la maniera di vivere le nostre paure. Sul vivere “intensamente” la vita, non capisco bene che cosa possa significare. Tendo a pensare che voglia dire essere consapevole della sua bellezza e del suo valore. In questo senso, sì, vivere intensamente la vita, magari attraverso esperienze che la arricchiscano e la facciano “sentire” fino in fondo, magari attraverso una intensa vita culturale e comunitaria, questo mi pare non solo giusto ma anche auspicabile”.

Quanto si sente “ Icaro”?

“È inevitabile per uno scrittore identificarsi col suo protagonista. Neppure io faccio eccezione. Io sono tutti gli Icaro narrati nel mio libro, eppure non coincido con nessuno di loro”.

Quanto la sua terra di origine influenza la sua scrittura?

“Tantissimo! Credo che nessuna biografia, e meno ancora un’attività artistica, possa reggersi e diventare comprensibile senza essere ben collocata, come un prolungamento esistenziale, nelle proprie radici”.

L’inquietudine che attraversa i nostri tempi  e che, talvolta, può essere fonte d’ispirazione creativa, da cosa dipende?

“L’inquietudine dei nostri tempi, ciò che coincide con una globalizzazione sradicante e una precarietà elevata a sistema di vita, non credo che aiuti la creatività. Credo anzi che contribuisca, insieme alla frammentazione dell’esistenza spettacolarizzata che la caratterizza, ad erodere le capacità creative dell’uomo”.

Il tema della maschera, del conflitto tra dipendenza e fuga, della follia prende vita nei suoi racconti. Può dire il motivo che l’ha spinta ad approfondire tali tematiche ?

“Sono stato spinto anzitutto da una considerazione: non credo affatto che la nostra sia una società libera. Al contrario, sono convinto che mai come oggi i condizionamenti e le dipendenze (addictions) a cui un individuo è sottoposto abbiano raggiunto livelli non più sopportabili se non con l’aiuto di psicofarmaci, droghe o altri elementi altrettanto tossici delle patologie che intenderebbero curare”.

di Maria Rosaria Ciotola

 

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