Un’ulivo come simbolo di pace e speranza. È cosi che medici ed infermieri dell’ospedale Cotugno hanno voluto ricordare tutti i sanitari ed i pazienti morti di covid in totale solitudine. La benedizione è avvenuta al termine della messa celebrata dal vescovo ausiliare di Napoli, Monsignor Lucio Lemmo, che si è tenuta proprio all’esterno dell’ospedale in occasione della Giornata Mondiale del Malato.

È stato lo stesso Lemmo che, durante l’omelia, ha voluto ringraziare il personale sanitario “per i sacrifici, la vicinanza e per il lavoro che sta facendo senza risparmiarsi, ormai da un anno a questa parte”

Un ricordo particolare, e da qui l’idea di piantare un ulivo, è stato rivolto a Raffaele Pampiniello, medico in pensione del Cotugno, deceduto lo scorso maggio, e ad Angela, infermiera della cardiologia pediatrica del Monaldi che ha perso la vita lo scorso marzo.

“Colleghi che non si sono risparmiati e che hanno pagato con la vita la loro dedizione” ha dichiarato Maurizio di Mauro, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli.

“L’iniziativa di oggi è stata bellissima – ha poi aggiunto Di Mauro – e ringrazio tutti i colleghi che hanno voluto regalare quest’ulivo all’ospedale come simbolo di pace e speranza. Io sono certo che ne verremo fuori ma ognuno deve continuare a fare la sua parte. Il personale sanitario è stanco ed ha bisogno che tutti rispettino le regole” ha poi concluso Di Mauro. Uno dei principali drammi di questa malattia è la solitudine che ogni paziente affronta, con conseguenze spesso anche gravi. Ne sa qualcosa il cappellano del Cotugno, Padre Antonio Vellutino. “Molte persone sono andate in depressione e tutti sono morti senza poter avere un minimo di conforto da parte dei propri familiari – ha dichiarato il cappellano – Questa giornata vogliamo dedicarla a loro e a tutti i sanitari che hanno dato la vita per salvare quella degli altri. Noi siamo ancora in prima linea, il virus è ancora tra noi e dobbiamo avere la capacità di continuare ad esserci per chi ne ha bisogno” ha poi concluso Padre Antonio.

di Luca Leva