di Marina Terragni

Il fenomeno delle madri bambine dà l’idea di qualcosa che eccede, che sfugge alle maglie. In particolare, sfugge all’idea che la maternità sia sempre un fatto perfettamente controllabile e pianificabile, oltre che da negoziarsi pazientemente con una serie di soggetti: dal partner, che non è mai “pronto”, al datore di lavoro, che alla prima nausea ti manda a casa. Con il rischio che prima dei 40 non puoi nemmeno provare a pensarci. “La libertà riproduttiva delle donne” come ha scritto la teologa femminista Mary Daly “è repressa ovunque”. Quasi mai le maternità precoci sono del tutto volute, come è stato nel caso delle 17 ragazze di Gloucester: un formidabile acting out a cavallo tra body art, sintomo psichico e rivolta politica. Ma non si può nemmeno dire che siano del tutto non-volute. Gli “incidenti” procreativi parlano sempre di un desiderio che va dritto al suo oggetto, dribblando tutti gli ostacoli. Carolina, 15 anni e incinta, sul blog di Corriere La 27ora parla di “caso o subconscio”, e aggiunge: “Il mio stato attuale, più che scandaloso come ho sentito definire o assurdo, io lo vedo e lo vivo come qualcosa di magico”. Una magia, una potenza, una libertà del corpo che puoi voler controllare o differire in cambio di qualcosa di altrettanto magico: l’incontro fatale con Mr Right, o la libertà che ti può venire, così almeno hai sempre creduto, da una magnifica realizzazione professionale. Ma se intorno non vedi che rovine sentimentali -e quanto al lavoro, quanto alle meraviglie dell’emancipazione, be’, lasciamo perdere-, che ragione c’è di non attivare al più presto la tua scatola magica? Carolina ha visto “17 ragazze”. Dice che la sua storia è diversa, ma che il film le è piaciuto perché lì si vede bene “la bellezza di tante, incontenibili, vite in crescita”. Una bellezza che può apparirti irresistibile, se non hai sufficienti motivi per resistere. Se le storie singolari delle madri bambine ci parlano spesso di difficoltà, di problemi e perfino di drammi, il fenomeno nel suo complesso può essere letto come disubbidienza della differenza sessuale femminile, in lotta ovunque contro l’omologazione.

marina.terragni@rcs.it

twitter @marinaterragni

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