ROMA. Contrastare le mafie e tutelare le fasce più deboli della popolazione attraverso la “green economy”. È quanto si sta realizzando in provincia di Messina grazie ad un fondo di 5 milioni di euro stanziato dalla Fondazione con il sud e dalla Fondazione di comunità di Messina, che oggi a Roma si sono riunite per presentare i primi risultati di un’attività iniziata nel 2010, con la costituzione della fondazione in Sicilia. L’investimento ha permesso la costruzione di un parco fotovoltaico intorno all’area dello Stretto di Messina. «L’energia viene distribuita gratuitamente al territorio generando un rendimento grazie al conto energia con cui viene incentivato il fotovoltaico» spiegano le due fondazioni. Circa la metà del fondo, spiegano le due organizzazioni, è stato versato dai soci della Fondazione di comunità di Messina: il Comitato promotore, la Fondazione Horcynus Orca, Ecos-Med, il Consorzio Sol.E, la Fondazione Pino Puglisi. L’altra metà dalla Fondazione con il sud. In Italia, di fondazioni di comunità, che nascono per praticare un modello di sviluppo sul territorio avendo cura del welfare, della cultura e della crescita, ce ne sono una trentina, soprattutto al Nord. Da Roma in giù, invece, si contano sulle dita di una mano. Ad oggi che ne sono solo tre, nate grazie al lavoro della Fondazione con il sud.

LE DICHIARAZIONI –  «Nel panorama delle Fondazioni di comunità, quella di Messina assume un ruolo emblematico, riconosciuto anche dall’Ocse, dall’Unops e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che l’hanno individuata come uno dei più interessanti casi mondiali di sperimentazione di modelli di welfare e sviluppo locale». La scelta di puntare su Messina, è dovuta ad un «territorio riunisce in sé alcune caratteristiche che ne bloccano da tempo uno sviluppo equilibrato – spiegano le due Fondazioni – con una grande sperequazione nella distribuzione della ricchezza, scarsa crescita produttiva, crimine organizzato, usura, povertà». Ma non c’è solo il dato economico, aggiungono le Fondazioni. «In uno scenario di questo tipo, che mette a dura prova anche le risorse delle persone meno problematiche, chi ha un bagaglio di difficoltà esistenziali che rischiano di essere invalidanti, (ex carcerati, ex tossicodipendenti, ex internati degli ospedali psichiatrici giudiziari) fa molta fatica a imboccare la strada dell’inserimento sociale e dell’autonomia». La Fondazione di comunità di Messina, inoltre, «dà lavoro a persone che hanno percorsi esistenziali difficili restituendo loro dignità, forza, autonomia. Senza gravare sullo stato. Anzi, facendo in modo che siano le persone stesse a produrre ricchezza per il territorio in cui vivono e lavorano. A costituirne cioè un capitale». Ma non è tutto. «La Fondazione di comunità di Messina ha nel suo Dna la lotta alle mafie – spiegano – e le sedi dei principali soci sono luoghi recuperati dall’occupazione abusiva del crimine organizzato. I soci e la rete di imprese, inclusi i fornitori, che aderiscono al modello della FdCM, praticano nel quotidiano il contrasto alle mafie, a partire dalla garanzia nella trasparenza delle relazioni produttive e dalla denuncia del pizzo e dell’usura».

di Rebecca Montini

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