Una vita al servizio degli ultimi tra gli ultimi. Poveri e orfani, detenuti di carceri tugurio dove i diritti civili vengono calpestati ogni giorno. Aiuti economici, beni di prima necessità, vestiario e medicinali. Assistenza e formazione scolastica. E tanto amore. Perché il pane, da solo, non basta. E per dare un futuro a un bambino non basta sfamarlo. E per salvare un carcerato serve ridargli dignità e speranza. Erano le idee di Enzo Liguoro, il professore di geografia politica di Pollena Trocchia, venuto a mancare ieri.
Fondatore e presidente onorario della onlus Mamafrica che da decenni accoglie e assiste i bambini orfani di Togoville, città a sud del Togo, si è spento nella casa in cui era nato, settantasei anni fa. Un visionario “papà Enzo”, come lo chiamavano i “suoi” bambini, uno che oltre l’insegnamento aveva coltivato la passione per la fotografia e col suo obiettivo aveva girato il mondo, prima di trovare la sua seconda casa, in Africa. E lì investì l’intera sua liquidazione per costruire la casa famiglia per gli orfani di Togoville. Progetti che non lasciarono indifferenti cittadinanze e amministrazioni, scuole e associazioni; la partenza dei container con i beni destinati ai bambini di papà Enzo diventò ben presto un momento di festa per tutti.
Come il calendario con le foto dei ragazzi e dei tramonti togolesi che ogni anno l’associazione realizza per raccogliere fondi. Enzo Liguoro era riuscito nella non facile impresa di coinvolgere amministrazioni comunali di ogni credo politico nei progetti per i bambini di Togoville. Oltre alla casa famiglia, riuscì anche a far costruire un ospedale e a portare medici nel villaggio di terra rossa dove ha trascorso più anni che in qualunque altro posto. Un sogno diventato realtà. Di bambini ne ha aiutati tanti e tanti ne ha portati in Italia per cure mediche che in Africa non avrebbero potuto avere. Con la concretezza delle sue azioni Enzo Liguoro ha indirettamente sfidato poteri forti e messo in difficoltà chi dietro la solidarietà, a volte, può nascondere interessi diversi.
E nel 2019 gli è arrivato il conto, salatissimo: una accusa infamante di abusi sessuali che poi si è rivelata infondata. Nonostante l’assoluzione con formula piena, quella storia aveva segnato Enzo più della malaria che lo colpiva ormai ciclicamente. Ma era andato avanti, come fanno i padri di famiglia, e Mamafrica era andata avanti con lui.
Antonio, suo figlio, ne ha raccolto il testimone alla guida dell’associazione. Le basi del ponte di solidarietà costruite da Enzo sono solide. E continueranno nel solco che ha tracciato in quasi quarant’anni di attività anche i suoi volontari e gli operatori che da ogni parte d’Italia contribuiscono per dare un futuro a chi non ha neanche il presente.
Da ieri sui social fioccano i post in memoria del “professore”, le foto di Enzo tra i suoi ragazzi, i messaggi di cordoglio e di stupore. La sua è la storia di un uomo che ha scelto una causa e ha dato tutto per essa, lo ricorderanno per sempre nella sua Pollena Trocchia, dove tornava tutte le volte che poteva. Da solo era riuscito ad aprire i miopi orizzonti di un paese di provincia e a farne crescere vedute e aspettative. Dava l’esempio coi fatti, poche parole. Lascia una eredità importante che non può e non deve andare dispersa.
di Mary Liguori