È la giornalista Emanuela Belcuore la Garante per i detenuti nominata dalla Provincia di Caserta, figura mancante sul territorio che conta quattro istituti di pena per un totale di oltre 1500 reclusi. La Belcuore già da alcuni anni svolge attività di volontariato nelle strutture carcerarie casertane, oltre ad essere membro dell’Osservatorio Anticamorra di Scampia, in particolare l’istituto di pena di Arienzo dove ha avviato con successo laboratori di scrittura creativa per poi diventare un vero e proprio punto di riferimento per i detenuti e le loro famiglie e creare un ponte tra le loro esigenze e la direzione delle strutture carcerarie.

«Tutto è nato – spiega la neo Garante – da una storia che un giorno un detenuto mi volle raccontare quando già frequentavo le carceri casertane come inviata de Il Mattino. Rimasi molto colpita e in me nacque il desiderio di dedicarmi a questa realtà. E così da volontaria oggi mi trovo a rivestire questo importante ruolo per la cui nomina ringrazio il Presidente della Provincia e il consigliere Pasquale Crisci».

Il compito della Garante è sicuramente delicato e gravoso per i problemi che da troppo tempo attanagliano il sistema della giustizia e dell’esecuzione delle pene. Uno fra tutti il sovraffollamento a causa del quale, anche durante il lockdown, si sono registrate forti tensioni.

«Molto critica – continua Emanuela Belcuore – è la situazione sanitaria, mancano psichiatri e psicologi così come complicata è la questione lavorativa rispetto alla quale rivolgo un appello agli imprenditori: fatevi avanti ad offrire opportunità in termini di formazione e lavoro che diano una reale chance a queste persona anche una volta fuori dalle sbarre».

Ma c’è ancora un’altra tematica che sta a cuore alla neo Garante: il diritto dei reclusi all’affettività: «Vorrei creare delle aree in cui i detenuti possano incontrare liberamente i figli e le compagne con le quali poter vivere, anche in carcere, l’affettività familiare e di coppia, un aspetto molto trascurato ma di fondamentale importanza anche per ridurre la tensione all’interno della struttura carceraria».

di Giovanna De Rosa