In balia delle onde di un mare economico in tempesta che rischia di far naufragare le attività nelle quali hanno investito tutte le loro speranze, la loro fatica e soprattutto i loro soldi. A meno che, affermano senza mezzi termini, «lo Stato non c’aiuterà subito, cosa che fino ad ora non ha fatto». Gli esercenti di Miano, quartiere tra i più complicati della periferia di Napoli dove i casi di cronaca nera di recente sono tornati alla ribalta figlie di una battaglia tra clan che si contendono il predominio criminale del territorio, appaiono smarriti. Molti di loro, gestori di bar, pizzerie, pub, pasticcerie, grazie a quanto disposto nell’ordinanza regionale numero 37 del 22 aprile hanno riaperto già da lunedì 27 aprile unicamente con consegne a domicilio e per mezza giornata (8-14 e 16-23 per le pizzerie). In attesa, dal 4 maggio, anche dell’asporto. Forma, però, che non è detto basti per rimettere a posto le cose. «Vedete cosa ho in mano? Sono le bollette di acqua, luce, gas e non solo da 700/800 euro complessivi da pagare nonostante per quasi due mesi siamo stati chiusi» cerca comunque di mantenere la calma Nello Flaminio che con suo fratello gestisce la pasticceria “Dolce Convivium’’ di via Miano. «I 4 operai che avevamo non possiamo farli tornare a lavoro perché non potremmo pagarli. A seguito della riapertura nella nostra pasticceria abbiamo preso soltanto l’aria. Parlano di delivery ma la gente di periferia spesso non sa neppure cosa voglia dire. Non escludo affatto di dover riabbassare, e questa volta per sempre, la saracinesca». La tensione è palpabile, cova sotto la cenere tanto che i negozianti non escludono di intraprendere proteste veementi con blocchi e serrate. Simone Astarita da 3 anni gestisce in via Lazio la paninoteca “A Terra Mia’’, è pessimista per l’immediato futuro. «Le consegne a domicilio servono a poco così. Vanno bene le restrizioni ma sembra la dittatura, sinceramente. Uno Stato che restringe le libertà dovrebbe dare dei sostegni concreti che non sono arrivati. Io non ho ricevuto nemmeno l’assegno di 600 euro. Miano è da tempo un quartiere bistrattato e già prima del Covid si contavano più serrande chiuse che aperte». Effettivamente, sia nella zona tra via Miano e via Lazio che nel cuore antico del quartiere, è scomparsa a causa della crisi il 50% delle attività commerciali. Portavoce del disagio dei negozianti, e anche dei residenti in difficoltà del quartiere, sono i referenti dell’associazione Miano protagonista. La presidente, Lella Apredda, apre uno sguardo sul nuovo orizzonte della povertà. «I contributi statali non ci sono e un commerciante di Miano rischia di diventare più povero dei poveri. In questo modo e con un fitto di 1000/2000 euro al mese da pagare, un commerciante di Miano come potrà mai risollevarsi? Ecco perché siamo vicini a loro e a tutti quelli che ne hanno bisogno».   

di Antonio Sabbatino