Un messaggio culturale, da veicolare e rafforzare soprattutto nei giovani, al pari dell’informazione medica. La donazione di midollo osseo non è solo un atto nobile capace di ridare speranza di vita agli altri ma cela un paradigma: l’importanza di conoscere e dare attenzione al proprio, di corpo. A discuterne quest’oggi alla Sala Pignatiello di Palazzo San Giacomo le associazioni votate alla sensibilizzazione rispetto alla donazione del midollo osseo e del sangue con gli assessori comunali Alessandra Clemente e Francesca Menna, rispettivamente titolare della delega ai Giovani e al Diritto alla Salute, ai consiglieri comunali delle commissioni Giovani e Scuola Claudio Cecere e Chiara Guida oltre all’ordinario di Patologia Generale dell’Università Federico II Antonio Leonardi secondo il quale i giovani, quelli a cui è rivolta la giornata di sensibilizzazione organizzata dal Comune, «non effettuano la donazione del midollo, ed anche il sangue per le donazioni viene importato dalla Campania e tutto ciò ha un costo». Il professor Leonardi spiega poi come si può diventare donatori. «Si viene iscritti in un registro italiano che fa a sua volta parte di un registro mondiale per potenziale donatori di midollo osseo. Si rimane in questo registro sino al 55esimo anno d’età e si vede la compatibilità. Poi, una volta appurata la compatibilità, si viene chiamati dal reparto specialista e si iniziano le procedure verificando lo stato di salute per poi portare alla donazione. La donazione è anonima è che per ricostituire il midollo a chi patisce immunodeficienze in generale e alcuni casi tumori liquidi come la leucemia». I due centri campani dove è possibile effettuare le procedure sanitarie per sperare di diventare donatori si trovano all’ospedale Moscati di Avellino e al Policlinico, edificio 9D. L’assessore Alessandra Clemente per il prossimo sabato, quando ci sarà una giornata di sensibilizzazione, fa «appello a tutte le ragazze e i ragazzi dai 18 ai 35 anni è quello di donare, essere donatori esercitare un ruolo nobile essendo vita per le altre vite. Lo facciamo con il centro trasfusionale della nostra città». La sua collega Francesca Menna si sofferma sulla «battaglia culturale rispetto alla donazione. È un argomento antico di cui si deve parlare oltre il battage mediatico dei singoli casi». E poi ci sono le realtà che ogni giorno operano in un contesto difficile. Emanuele Iervolino della “Diamo una mano onlus’’ che confessa di avere «la fobia degli aghi ma voglio essere un donatore. Spesso però siamo soli e chiediamo alle istituzioni e alle altre associazioni di fare rete altrimenti sarà sempre complicato».

di Antonio Sabbatino