L’ AQUILA. Come la Vesna di un film di Carlo Mazzacurati di qualche anno fa, Maria Grazia Cucinotta va veloce. Col sociale va veloce: passa da una iniziativa all’altra da anni, ormai. «Ora sto promuovendo il progetto “Più mamma non si può”, pensato per migliorare la vita quotidiana delle donne impegnate nell’accudimento dei figli», dice a mò di esempio. Aprile, poi, è il mese del lancio de “La tana del bianconiglio”, un cortometraggio di Linda Parente al quale hanno partecipato anche Massimo Lello e Gianni Musy. Un corto solidale, finalizzato alla raccolta fondi destinati ad aiutare la popolazione aquilana colpita dal terremoto del 6 aprile 2009. Lei, l’attrice che è stata accanto a Massimo Troisi, ne “Il Postino” ed ha recitato nel film di James Bond “Agente 007 – Il mondo non basta”, è la protagonista femminile.

Cosa l’ha spinta a partecipare a un progetto come “La tana del bianconiglio”?

«Poche settimane dopo il terremoto, io ero a L’Aquila, tra le macerie e la gente disperata. Chi ha vissuto un’esperienza del genere non può tirarsi indietro dinanzi alla proposta di fare qualcosa per quella popolazione».

Che sensazione le ha dato recitare tra le macerie?

«Ogni volta che torno a L’Aquila, che rivedo il centro storico, ho la percezione della vita che non c’è più, del tempo che si è fermato. Quei panni stesi ancora lì dopo tre anni, che nel frattempo sono diventati stracci, quelle macerie che un tempo erano case che ospitavano le persone: sono segnali chiarissimi e drammatici. E poi c’è il silenzio: il silenzio del centro storico de L’Aquila è spaventoso perché autentico».

Non crede che, tre anni dopo, il terremoto de L’Aquila per gli italiani sia solo un ricordo. Che, insomma, se ne parli poco?

«Francamente no. Credo che il terremoto del 2009 abbia scosso le coscienze degli italiani, abbia coinvolto le persone più di quanto non sia avvenuto in passato».

Eppure la ricostruzione procede lenta.

«Ricostruire non è facile. Ci vuole tempo. E comunque il centro storico non lo ricostruirei. Se potessi lo chiuderei in una teca, come un enorme monumento alla memoria: un modo per ricordare per sempre la tragedia aquilana».

Lei gira l’Italia ed è molto attiva in iniziative di carattere sociale: resiste ancora la figura dell’italiano solidale, pronto a fare qualcosa per il prossimo?

«Io noto che la solidarietà delle singole persone resiste, soprattutto al sud. Si è un po’ fermata l’attività benefica delle aziende, dei grandi enti. Ma la gente ha un cuore grande».

Nel sociale, la rete delle associazioni di volontariato e del terzo settore spesso sopperisce alle carenze del pubblico. Per la sua attività di solidarietà conoscerà sicuramente numerosi volontari, associazioni, gruppi: che idea si è fatta di questo mondo?

«È vero, il mondo del volontariato di frequente sostituisce lo Stato. Spesso io dico: “Faccio più sociale io che le istituzioni”. Il fatto è che la politica si perde nelle sue beghe, nei litigi personali e perde di vista il bene collettivo: logico, dunque, che il volontariato e l’associazionismo finiscano per fare atti molto più concreti e visibili».

Pensa che i cittadini italiani siano sfiduciati, o addirittura rassegnati, dinanzi ad una crisi economica così prolungata?

«Depresso. Penso che l’italiano sia depresso, dopo decenni di crisi della società e della politica. Avrebbe bisogno di rassicurazioni, diciamo pure di sentirsi protetto e invece va sempre peggio. Ai giovani, poi, mancano i sogni, le prospettive, il futuro. Ciò nonostante annoveriamo ancora delle eccellenze straordinarie, delle grandi intelligenze. Sono la nostra forza».

di Francesco Gravetti

GUARDA IL TRAILER DE “LA TANA DEL BIANCONIGLIO”:

LA TRAMA:

Massimo (Massimo Lello) è un uomo sui 40 anni: non parla dal giorno del terremoto. La sua storia parte dalla vita nelle tendopoli, dai giorni in cui condivide la tenda con sua sorella Sara (Gaia Benassi), la nipotina Greta (Camilla Rosselli) e suo padre Stelvio (Gianni Musy). Ad accompagnare Massimo in un viaggio interiore, ma non solo, c’è il ricordo costante di Nadia (Maria Grazia Cucinotta) la sua compagna. Entrambi erano attori. Prima del terremoto stavano preparando uno spettacolo, “La tana del bianconiglio”, che aveva definitivamente consolidato la loro unione artistica e coniugale. Poi c’è Alice, la bambina che portava in grembo Nadia: il tramite tra il suo passato e il suo presente. Fondamentale nella sua trasformazione è la figura di Greta, la nipotina che vive il post-terremoto con gli occhi ingenui di bambina, ma che è capace di far riaprire la porta ai sentimenti. Sara, la sorella di Massimo, è una ragazza madre, che porta sulle sue spalle il peso dei problemi della famiglia. Infine c’è Stelvio, il capofamiglia, vedovo, disincantato e ormai senza radici; osserva con occhio distaccato e rassegnato lo svolgersi degli eventi non trovando la forza di reagire. O forse non volendo reagire

 

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