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“Terra futura”, ecco la mostra delle buone pratiche di sostenibilità

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giovani-agricoltoriROMA. L’agricoltura può essere un’importante alleata per affrontare le attuali sfide ambientali e sostenere lo sviluppo di un’economia green. Questo il messaggio emerso nella prima giornata di “Terra Futura, mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale” in programma  alla Fortezza da Basso di Firenze fino a domenica 19 maggio.
PIU’ CONSAPEVOLEZZE. Alla manifestazione ha fatto la sua seconda tappa la “Campagna globale sulla libertà dei semi” di Vandana Shiva, importante teorica dell’ecologia sociale: l’iniziativa è promossa da Navdanya International, di cui la scienziata indiana è fondatrice, in collaborazione con la Regione Toscana e Banca popolare Etica. La campagna vuole rendere maggiormente consapevoli le persone, comunità, istituzioni e governi sul grave rischio per il futuro della sicurezza alimentare del pianeta, in pericolo per la scomparsa dei semi locali e, dall’altro lato, per la proliferazione di brevetti e leggi che favoriscono monocolture, monopoli, e privatizzazioni. A rafforzare la collaborazione tra l’associazione e la banca c’è ora anche un protocollo che ha l’obiettivo di consolidare alleanze per salvare i semi, la biodiversità, i diritti degli agricoltori di autoprodurre e scambiare le sementi, per puntare a sistemi agricoli basati sulla sovranità alimentare, in armonia con la natura.
LE INIZIATIVE.  A Firenze si sono riuniti gli esperti internazionali del gruppo di lavoro sulla “Legge del seme”, sotto la guida della Shiva: chiedono di rimettere al centro dei sistemi scientifici e giuridici delle norme sementiere le leggi biologiche ed ecologiche della natura, come la diversità e l’adattamento. Principi che vanno in netto contrasto con aziende, come la Monsanto, che hanno plasmato la legge globale sulle proprietà intellettuali e sui brevetti, perché hanno definito i semi come una loro creazione e invenzione, impedendo così agli agricoltori di autoprodursi le sementi, in violazione del diritto pubblico dei beni comuni. «La nostra legge del seme mira a cambiare il paradigma attuale – spiega Vandana Shiva -. Esiste una normativa a livello europeo che impedisce agli agricoltori di usare i propri semi e infrange, quindi, la sovranità del seme. L’unico modo per proteggere gli agricoltori e i posti di lavoro e tutelare la diversità e il cibo, è lottare per la sovranità delle sementi». Un’altra campagna promossa dalla Shiva è “Giardini della speranza”: è rivolta ai più piccoli e li invita a prendersi cura delle piante, a coltivarle, a partire dai semi, che devono diventare i “semi della democrazia”.
LE DICHIARAZIONI. Legambiente evidenzia la necessità di una nuova agricoltura, che si contrapponga al modello attuale nato nel secolo scorso: un modello all’insegna della chimica di sintesi, della selezione genetica, degli allevamenti industriali e della meccanizzazione agricola, che ha sì garantito cibo a buon mercato, ma al prezzo di un’industrializzazione forzata, di squilibri ambientali e sociali a discapito del benessere dei cittadini. Per superare questo sistema, che ha provocato l’impoverimento del suolo e degli ecosistemi, i cambiamenti climatici, una minore disponibilità delle acque di falda e di superficie, la deforestazione, la perdita dei sapori, la contaminazione dei cibi, la diffusione di virus e batteri resistenti, Legambiente propone il “Manifesto della nuova agricoltura”, presentato anch’esso oggi a Terra Futura. «Chiediamo che diventi predominante un nuovo modello di agricoltura, per altro già all’opera, praticata da molti agricoltori italiani ed europei attenti ai processi naturali e alla complessità e specificità locale degli ecosistemi, e capaci di innovare, sperimentando nuove tecnologie e anche attingendo agli antichi saperi della cultura rurale – afferma Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente -. È questa l’agricoltura che può destare impegno professionale e passione nei giovani, riportandoli a questo antico mestiere, e creare le premesse per nuovi rapporti internazionali. Anche per tali motivi, deve ottenere un adeguato riconoscimento da parte della politica europea, che oggi tende a sostenere il modello iniquo e superato che favorisce la rendita del fondo, destinandogli circa metà del bilancio dell’Unione».

di Sabrina Rufolo

 

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