Meno risorse finanziarie e scarsa trasparenza minano l’efficacia delle misure per il sociale.
Un’analisi attenta sull’attuale stato di attuazione del PNRR attraverso le “lenti” del Terzo settore –attuazione che risulta ormai in una fase di fatto avanzata dato che molti interventi sono completati o in via di completamento – consente di sviluppare alcune riflessioni generali e complessive in merito, soprattutto, agli effetti della più recente rimodulazione del Piano, alle conseguenze in merito ai temi cari al mondo del Terzo settore e alla mancanza di trasparenza a chiarezza sull’attuazione in concreto del Piano.
La più recente e importante revisione del Piano – definitivamente approvata dalle Istituzioni europee nel dicembre 2023 e successivamente formalizzata a livello nazionale con il d.l. n. 19/2024 – è intervenuta significativamente sul disegno originario.
Il riferimento è anzitutto alle modifiche quantitative degli interventi programmati: 265 le misure tuttora previste (tra queste 199 investimenti e 66 riforme), oltre 100 in meno rispetto alle 361 del “vecchio” PNRR (tra i 292 investimenti e le 69 riforme originariamente fissati). Circa 22 miliardi di euro sono stati oggetto di rimodulazione, molti dei quali destinati a finanziare la nuova misura RepowerEU: peraltro circa 5 miliardi di euro provengono da riduzioni delle misure sociali. Molte scadenze sono poi state procrastinate, in molti casi sono state concentrate nell’ultimo anno del Piano. L’investimento più importante è oggi rappresentato dalle risorse stanziate (14 miliardi di euro) per il c.d. ecobonus, seguono il credito d’imposta per i beni strumentali 4.0 (con 8,9 miliardi di euro) e la transizione 5.0 (6,3 miliardi di euro).
Sebbene l’importo totale dell’attuale PNRR sia salito (da 191,5 miliardi di euro) a 194,4 miliardi di euro, sono davvero poche le misure di specifico interesse del Terzo settore per le quali si attesta un importante incremento di finanziamento (tra queste, gli investimenti in materia di politiche attive del lavoro e di assistenza domiciliare), mentre sono numerosi i settori definanziati dalla revisione del Piano e, di conseguenza, i progetti – soprattutto sociali – che si sono arrestati.
Sono 18 le misure di interesse per il mondo del Terzo settore modificate proprio dal d.l. n. 19/2024.
Per alcune di esse è intervenuta una riduzione parziale della dotazione finanziaria: il riferimento è alla misura relativa ai Piani Urbani Integrati (PUI) (la cui riduzione è pari a 1,6 miliardi di euro), a quella concernente interventi di rigenerazione urbana (per circa 1,3 miliardi di euro) e all’investimento relativo alla costruzione o l’ammodernamento di asili nido e scuole dell’infanzia (riduzione di circa 1,4 miliardi di euro). Due misure sono state totalmente definanziate e, quindi, eliminate dal Piano (quella concernente la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia e quella relativa alle infrastrutture sociali di comunità) e una misura risulta commissariata (il riferimento è all’investimento volto all’abbattimento degli insediamenti abusivi per contrastare il caporalato).
Importanti investimenti cardine del Piano – per le quali il “vecchio” PNRR aveva evocato il coinvolgimento degli enti del Terzo settore, pur non garantendo allora un loro effettivo coinvolgimento nella fase attuativa – sono stati quindi oggetto di una revisione in pejus e di un’inopportuna riduzione dei relativi finanziamenti, pur interessando temi di estrema rilevanza per la vita quotidiana dei cittadini e per la cui attuazione il coinvolgimento diretto degli Ets, quali forze sociali radicate nella società italiana e rilevanti per la progettazione, la pianificazione e l’implementazione delle politiche pubbliche, avrebbe potuto essere decisivo.
Ciò detto, se è indubbio che gli strumenti dell’amministrazione condivisa, ove effettivamente praticati, possono essere garanzia di maggior successo nell’attuazione del PNRR (sia “vecchio” che “nuovo”), essi lo sono ancor più adesso che il Piano risulta depauperato di risorse specificamente funzionali all’attuazione di misure di rilevanza sociale e le fragilità delle macchine amministrative locali risultano sempre più evidenti a fronte di un progressivo accentramento statale nella gestione delle misure, rendendo ancor più difficile e rallentata la loro attuazione. Soltanto un’azione congiunta, in termini di competenze, visione ed esperienza, può infatti offrire una risposta efficace e valida ai bisogni delle comunità e permettere al PNRR di centrare i suoi obiettivi di sviluppo sociale ed economico sui territori.
Sinora le rendicontazioni trasmesse alle Istituzioni europee in merito alle attività nazionali poste in essere sono state approvate e hanno di fatto consentito le diverse erogazione semestrali di finanziamento da parte dell’UE.
Ciò non toglie che ai cittadini non risulta costantemente fornita una chiara e dettagliata informazione sull’attuazione del Piano.
Per lungo tempo i dati accessibili sono stati infatti pochi e non aggiornati sia sul portale governativo “Italia domani” che sui siti web dei Ministeri di riferimento e su altre fonti ufficiali: ad esempio, dalla data di approvazione europea delle modifiche sopracitate (dicembre 2023), si è atteso quattro mesi (aprile 2024) per la pubblicazione da parte del Governo della descrizione e degli importi delle misure del “nuovo” PNRR, oltre che dei dati sullo stato di avanzamento finanziario e dei lavori per i singoli progetti e opere finanziate. Solo da allora è stato possibile cominciare a conoscere e (iniziare a) monitorare concretamente il Piano revisionato.
Oggi, pur constatata la positività di una (seppur tardiva) pubblicità dei dati relativi all’organizzazione delle misure e allo stato di avanzamento procedurale dei progetti in essere, persistono importanti criticità dato che un esatto e quotidiano monitoraggio sull’andamento dei progetti in essere (che consenta di seguire l’inizio, l’avanzamento e la conclusione dei lavori) è e sarà possibile soltanto se i dati in questione risulteranno aggiornati con regolarità, chiarezza e completezza contenutistica a beneficio dei cittadini, degli analisti e degli stessi decisori politici.
di Chiara Meoli (Forum Nazionale del Terzo Settore ETS)