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Migrare è un diritto: ancha a Napoli in piazza per la giornata globale di lotta conto il regime di morte alle frontiere

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I nomi e le foto dei volti sorridenti di Idris, di Talal, di Benjamin sono appoggiati su un telo rosso affiancati a delle maschere bianche metafora della sparizione di migliaia di migranti della cui sorte non si sa più nulla. L’elenco è gigantesco, si ingrossa ogni giorno di più e a formarlo sono quelle anime in pena che hanno trovato la morte o l’oblio nel cimitero travestito da mare del Mediterraneo durante la proibitiva traversata verso l’Europa partita dal Nord Africa. Una strage senza fine, che ancora prosegue nell’indifferenza di buona parte della comunità internazionale. Ma migrare, come ricordato ieri in tutto il mondo in occasione della giornata globale contro le violenze alle frontiere in concomitanza con la tragedia della morte dei 15 migranti uccisi dalla Guardia Civil spagnolo nei pressi dell’enclave spagnola di Ceuta a poca distanza dal Marocco il 6 febbraio 2014, è un diritto spesso nemmeno conquistato visti gli esiti di viaggi o le condizioni di detenzione in lager come in Libia e in altre zone di confine del Pianeta. “Commemor/Azione’’ è il titolo dell’iniziativa, che ha visto mobilitarsi anche la città di Napoli con un presidio in piazza del Gesù partecipato da oltre 200 persone. A prendervi parte gli attivisti della Mediterranea Saving Humans, dell’associazione 3 Febbraio e di altre realtà come Le Veglie contro le morti in Mare, Ex Opg Je So Pazz, Refugees Welcome. Chiari i messaggi arrivati dalla piazza napoletana e non solo sintetizzati sui cartelli esposti dinanzi l’obelisco del Gesù. Tra questi: “Aboliamo Frontex’’, l’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera a cui è affidato il pattugliamento delle coste. “Questa non è una migratoria. È una crisi politica europea’’. “Nessun essere umano è illegale sulla terra’’ che è la scritta che campeggia su un enorme striscione giallo.

L’allarme di Mediterranea Saving Human – «Giornate di mobilitazioni del genere saranno necessarie in futuro visto quanto continua ad accadere – non si illude del contrario Laura Marmorale di Mediterranea Saving Humans equipaggio di Napoli che racchiude varie realtà della società civile e impegnata nel salvataggio in mare dei migranti con la nave Mare Jonio – A 5 anni dalla firma del memorandum tra Italia e Libia sono stati spesi 1 miliardo di euro per una gestione che non ha prodotto nulla sulla corretta capacità di gestione e accoglienza dei flussi migratori bloccando chi traffica sulle vite umane». Marmorale non ha dubbi: «La speculazione umana è stata elevata a sistema. L’ultimo rapporto Oxfam testimonia di 20.000 persone di cui non si ha più notizia, partite e mai arrivate a destinazione quindi verosimilmente morte nel Mediterraneo. I respingimenti sono stati invece 80.000». Nel frattempo proprio l’equipaggio di Mare Jonio continua a testimoniare le violenze dei respingimenti verso la Libia, considerato porto non sicuro.

I teatri caldi del fenomeno migratorio – Ma quanto accade nel Mediterraneo non è una unicità rispetto al tema migratorio. I fronti caldi sono tanti, in realtà. Basti pensare a quanto accade al confine Usa-Messico ai Balcani, alla Turchia arrivando alla recente crisi al confine tra Polonia e Bielorussia mentre ora sullo sfondo si staglia la minaccia di un conflitto in Ucraina con protagonisti Russia e Stati Uniti. E poi, come ricordato anche ieri nel giorno dell’anniversario, quanto di terribile accadde il 6 febbraio del 2014 a Tahal quando la Guardia Civil spagnola sparò 300 proiettili di gomma sui migranti che a nuoto stavano cercando di raggiungere l’enclave spagnola di Ceuta al confine con il Marocco. In quella circostanza morirono 15 migranti e Mediterranea Saving Human e le altre organizzazioni definiscono quanto accadde allora «un atto criminale rimasto impunito. Ricordiamo loro, le altre morti e i dispersi senza un volto e senza un’identità» è il grido di dolore arrivato dalla piazza.

di Antonio Sabbatino

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