Dalle prime ore della mattinata alcune vie di Napoli, Firenze, Torino, Roma, Messina e Vibo Valentia hanno cambiato denominazione diventando “via delle vittime innocenti delle mafie senza verità e giustizia”. Volontari e volontarie di Libera si sono mobilitati in alcune città italiane con un’azione simbolica sostituendo la dicitura della via originale con una nuova targa. Piazza Plebiscito , Via Toledo e Largo Enrico Berlinguer a Napoli, Piazza Bologna a Roma, Via San Francesco di Paola a Nicotera (VV), Corso Novara e Corso Trapani a Torino, Viale Gazzi a Messina e Via della Torre del Gallo, Punto panoramico Violet Trefusis a Firenze hanno così cambiato nome.
L’azione rientra nella campagna “Fame di verità e giustizia” un viaggio a 30 anni dalla nascita di Libera e della sua rete associativa, che sta attraversando il Paese, da Nord a Sud, con iniziative, flash mob, laboratori, assemblee, speaker corner e azioni di denuncia con l’obiettivo di rimettere al centro della vita pubblica l’urgenza nel contrasto a mafiosi e corrotti.
C’è fame di Verità e Giustizia in Italia, sempre di più. Oggi più dell’80% dei familiari di vittime innocenti non conosce ancora la verità sulla morte dei propri cari. La violenza delle mafie e della corruzione ha lasciato indietro migliaia di storie di innocenti senza verità, creando un debito democratico che non può essere ignorato. Fame di verità e giustizia” non è soltanto uno slogan. È una piattaforma di richieste chiare alla politica, e sollecitazioni rivolte anche a tutti i cittadini e le cittadine. Ecco perché proponiamo: che il Diritto alla Verità voci nella Costituzione italiana come diritto fondamentale; il riconoscimento dello status di vittima di mafia anche per chi è stato ucciso prima del 1961; l’equiparazione delle vittime del dovere e delle mafie a quelle del terrorismo; di riflettere su meccanismi come prescrizioni e decadenze, che spesso vanificano i percorsi giudiziari. Un altro punto importante è la richiesta di integrare nel sistema italiano le direttive europee di tutela delle vittime e dei loro familiari, che prevedono di riconoscere veri diritti, non ambigui “benefici”. Infine, l’appello a non dimenticare le vittime dei reati violenti della cosiddetta “criminalità comune”.
In un Paese – scrive Libera – dove segreti di Stato e depistaggi hanno segnato la storia repubblicana, dove molte verità restano ancora negli archivi, il diritto dei cittadini a conoscere diventa questione di sopravvivenza democratica. Quando le famiglie delle vittime restano senza risposte e vivono nella solitudine il loro dolore è la fiducia nelle istituzioni che si indebolisce. La richiesta di verità non è solo un’azione di solidarietà. È un atto politico concreto per generare una memoria viva che ogni giorno promuove forme di giustizia e supera i confini personali per diventare un percorso collettivo. La memoria, come Libera dimostra da trent’anni nelle scuole e nei quartieri, non è solo una liturgia, ma una pratica di consapevolezza, di crescita di coscienza civile e rigenerazione sociale in tanti contesti difficili. Inserire il Diritto alla verità in Costituzione non è solo una richiesta simbolica, è il presupposto per una democrazia più trasparente, dove la verità diventa il fondamento di ogni altro diritto”.

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