Rimanere viva non è stato facile. Fisicamente e soprattutto emotivamente. Ma rimanere vivi dopo una tragedia, a volte, dona la forza capace di dare forza ad altri, regala la capacità di mettere in ordine le priorità, di insegnare a non arrendersi ma ad avere anche una coscienza diversa, più profonda e concreta di quanto sia preziosa la vita. E, sempre a volte, questi insegnamenti durano nel tempo.
Stefania Battipaglia è una giovane della provincia di Salerno che sei anni fa è rimasta coinvolta in un incidente in seguito al quale il fidanzato Raffaele ha perso la vita. Nei giorni più difficili ha incontrato un angelo, Gennaro, un operatore sanitario che le è stato accanto in ogni modo possibile, e anche impossibile. Le strade della ragazza e dell’uomo, poi, si sono separate ma il ricordo di quella dedizione, in questi anni hanno fatto parte anche della cura – o meglio del sollievo – ad un lutto devastante. Ed in virtù proprio di quell’amore la giovane nel corso del tempo ha più volte provato, imboccando più strade, a ritrovare quel Gennaro che tanto è stato importante nel momento più difficile. Ci ha provato cercando nell’ospedale dove era stata ricoverata, ci ha provato facendo delle ricerche tra i sanitari, ci ha provato senza mai riuscire, fino a quando non ha provato a utilizzare i social, come ultima spiaggia. E, va detto, i social messi in moto dall’amore hanno fatto un piccolo miracolo: in tantissimi hanno preso a cuore il desiderio della giovane di ritrovare quell’angelo in tenuta da infermiere, il popolo del web ha fatto ricerche, incrociato dati, chiesto informazioni. C’è chi si è andato a studiare l’organico dei reparti dei vari ospedali campani seguendo la “traccia” lasciata da Gennaro dal nosocomio salernitano dove la ragazza era ricoverata fino a raggiungere quello napoletano dove attualmente lavora. Qualche giorno fa, il momento più commovente: la telefonata dell’uomo alla ragazza, iniziata con la lettura del biglietto che la giovane aveva scritto e lasciato sul cuscino prima di lasciare il reparto, e che l’uomo ha conservato per tutto questo tempo.
Partiamo dalla fine, Stefania. partiamo da questa piccola gioia. Dopo sei anni hai trovato il tuo angelo custode grazie alla mobilitazione delle persone che hanno letto la tua storia. Forse questa ondata di affetto è ancora più importante del fatto di averlo trovato…
«Non mi aspettavo così tanta attenzione da parte della gente, tantissimi hanno provato ad aiutarmi. Ci sono tante brave persone in giro. E sono profondamente grata per questa ondata d’amore, in fondo non è tutto così scontato».
Come è andata? Si è ricordato di te? Quali sono le prime cose che vi siete detti?
«Mi ha telefonato lui, gli hanno lasciato il mio numero di telefono. Ho detto “pronto?”, non sapevo chi fosse dall’altra parte del telefono… e Gennaro mi ha letto il bigliettino che gli avevo lasciato sotto al cuscino quando mi hanno dimessa dall’ospedale. Lo aveva conservato. Mi ha anche presa un po’ in giro, mi ha detto: “Sei sicura che sono io il Gennaro che cerchi?”. È stato veramente emozionante».
Vi incontrerete di persona: cosa gli dirai?
«Spero di poterlo abbracciare presto. È la cosa che più desidero. Continuerò a ringraziarlo e più e più volte gli ricorderò della bellissima persona che è».
Tornando un po’ indietro, cosa ti ha spinto, al tempo, a iniziare a cercarlo? In che modo lo hai fatto?
«Mi hanno dimessa il pomeriggio del 19 agosto e Gennaro non era di turno. Sin da subito ho provato a cercarlo, ho chiesto in ospedale in occasione di un controllo in ortopedia e mi dissero che aveva vinto un concorso ma che non potevano darmi informazioni per privacy. Ci rimasi molto male. Nel corso del tempo ho scaricato bandi di concorso, elenchi di OSS, infermieri… insomma il mio cellulare era pieno di documenti. Ma nessuna ricerca è mai andata a buon fine. Non potevo arrendermi, però, e ho pensato di scrivere un post su Facebook, riflettendo sul fatto che magari un social mi avrebbe aiutata. Se solo lo avessi fatto prima…».
In quei giorni così duri, questo operatore sanitario è stato la tua ancora di salvezza per non sprofondare del tutto. In che modo cercava di alleviare il tuo dolore?
«Piangevo, piangevo e piangevo. La disperazione era tanta. Chiedevo di Raffaele, il mio fidanzato, non mi importava nient’altro. Il dolore fisico era l’ultimo dei miei pensieri. Ferma immobile su quel lettino, vedevo con la coda dell’occhio il volto di Gennaro sporgere dalla porta della stanza per vedere se stavo riposando un po’ altrimenti entrava e faceva di tutto per provare a strapparmi le lacrime dagli occhi. Non sono frasi fatte perché era davvero così. Un angelo che con le sue battute e le sue parole di conforto trovava il modo di spronarmi per mettermi di nuovo in piedi».
Si sente tanto spesso parlare di pazienti non seguiti come si deve. Cosa vorresti dire ai colleghi di Gennaro?
«Fate il vostro lavoro con amore, sempre. Forse può sembrare una cosa banale e scontata ma chi soffre in un letto d’ospedale ha davvero bisogno di qualcuno che gli alleggerisca il macigno che porta dentro. È importante anche la cura dell’anima. Soprattutto la cura dell’anima».
Sei stata curata dopo l’incidente che aveva causato ferite fisiche, ma non solo nel corpo…
«La ferita più grande la porto dentro al cuore. Sono passati quasi 6 anni da quella notte e ho molta strada da percorrere ancora in salita. Ho attacchi di panico, i ricordi riaffiorano così come la rabbia perché Raffaele non meritava di lasciarci per colpa di una persona del tutto irresponsabile. La vita è una, prima di adottare dei comportamenti irresponsabili che possono avere conseguenze irreparabili bisogna veramente riflettere. A volte le persone pensano di vivere in un videogioco, game over e ricominci la partita. E invece non ricominci mai più. Le ferite te le porti addosso, e non si torna indietro purtroppo. Il dolore vero lo porti dentro e quello nessuno può vederlo, e allora devi essere fortunata ad avere amore intorno. Io lo sono stata. Tempo fa ho fatto un tatuaggio, “L’amore salva”, e racchiude un po’ la mia fortuna più grande. Sono circondata d’amore. E non posso che esserne grata».
La tua ricerca in qualche modo è la testimonianza che una tragedia ti può mettere in connessione con il cuore delle persone. Con il cuore di Gennaro e delle persone che si sono prese cura di te, ma anche con il cuore di chi si è mobilitato per permetterti di ritrovarlo. Ti senti di dire qualcosa su questo?
«Nonostante tutto sono riconoscente alla vita perché l’amore genera amore. Sempre».
Gennaro M. dopo quegli anni impegnato negli ospedali della provincia salernitana, attualmente lavora al Cardarelli.
Stefania Battipaglia, oggi quasi 34enne, all’età di 28 anni rimase coinvolta in un incidente terribile in seguito al quale il fidanzato Raffaele perse la vita. Ogni anno, dal 2020 Stefania organizza una donazione di sangue in ricordo di Raffaele e delle vittime innocenti della strada nel giorno del compleanno del ragazzo.
                                                             di Nadia Labriola

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