In albergo con la sua famiglia dopo la scossa di magnitudo 4.4 del 13 marzo scorso che l’ha costretta a lasciare la sua abitazione per motivi di sicurezza così come successo per altre decine e decine di persone, rischia di rimanere in strada dal prossimo 30 maggio quando cioè scadrà il contributo pubblico per gli sfollati del bradisismo nell’area flegrea. Il futuro è un’incognita e la preoccupazione è soprattutto per le condizioni di sua figlia di 5 anni, sofferente di un disturbo cognitivo e bisognosa costantemente di cure. Patrizia Palladino, residente a Bagnoli, lancia un appello alle istituzioni affinché tutelino la sua piccola. Patrizia attualmente si trova all’hotel Miravalle di Agnano con il figlio più grande di 26 anni, quello di 17 anni, una di 10 e l’ultima che ha un grave deficit, ma tra poco più di una settimana dovrà lasciarlo.

L’appello di Patrizia

Patrizia racconta la sua storia: «Da quando lo scorso 13 marzo siamo stati costretti ad andarcene vista l’inagibilità della nostra casa e una parte del palazzo (tante infatti le crepe alla struttura ndr.), la sua condizione è peggiorata così come ha attestato la psicologa durante l’ultima seduta. Immaginate come potrà stare se non riusciremo a tornare a casa il 30 maggio. Il ritardo cognitivo di mia figlia – aggiunge Patrizia-  non le consente di sopportare ulteriormente questa situazione». La piccola Roberta, il nome è di fantasia, ha bisogno continuamente di cure. «Due volte a settimana, di pomeriggio, mia figlia va in un centro di riabilitazione per le terapie che dovrebbero aiutarla a sviluppare il linguaggio e la motricità. A causa del disagio che sta vivendo, dovrà raddoppiare da due a quattro i giorni di terapia e forse le concederanno anche due giorni in più perché sta peggiorando. Quando si è verificata l’ultima forte scossa di questo maggio, sono corsa a scuola a prendere Roberta che si dimenava dalla tensione. Ecco, quello che io vivo ogni giorno». Ecco dunque l’appello. «Senza qualcuno che mi aiuti – aggiunge – non potrei mai affittarmi un’altra abitazione. Io lavoro a nero come domestica, non ho buste paga o garanzie da poter offrire. In questo modo, chi mi affitterà mai una casa?». Secondo Patrizia, «la Regione ci ha girato le spalle, il Comune ci ha girato le spalle, il Governo ancora peggio. L’aiuto che chiedo è soprattutto per mia figlia. Se non si troverà una soluzione sarò costretta a ritornare a casa mia ma se succede qualcosa la responsabilità non è mia, ma delle istituzioni perché mi mettono fuori dall’albergo con una bambina disabile». La condizione di Roberta è davvero complicata e rischia di peggiorare sempre di più. È sempre mamma Patrizia a rivelare il calvario quotidiano. «Mia figlia prende le gocce per dormire e gli psicologi vogliono capire cosa fare. L’Asl di Fuorigrotta mi sostiene, però il percorso è stato continuo, nonostante mia figlia non voglia fare le terapie e non voglia stare con gli altri bambini a scuola».

 Le peripezie del passato

Già in passato Patrizia ha subito lo shock di uno sgombero. Nel 2001, infatti, fu costretta ad abbandonare la vecchia casa nei pressi della Cumana di Bagnoli, dichiarata inagibile dopo un’alluvione. La soluzione prospettata all’epoca fu il trasferimento al terzo piano di via Plinio 11, vecchia sede del 73esimo circolo didattico poi riconvertito a uso abitativo per 13 famiglie in totale. Tra le altre cose, l’edificio necessita di controlli anche rispetto alle utenze e si attende l’arrivo dei tecnici della Napoli Servizi con il comune che in pratica ha diffidato se stesso per i lavori di messa in sicurezza, essendo quello di via Plinio 11 uno stabile di pertinenza pubblica. Dopo la scossa del 13 marzo, a subire la stessa sorte di Patrizia e della sua famiglia anche un altro nucleo sempre al terzo piano, mentre le altre case restano al momento abitabili. Patrizia, disperata, chiosa: «Se non si troverà una soluzione sarò costretta a ritornare a casa mia. Ma se dovesse succedere qualcosa, la responsabilità sarà delle istituzioni perché mi mettono fuori dall’albergo con una bambina disabile, dove mia figlia non ha spazio. Abbiamo fatto la domanda per il Contributo di autonoma sistemazione, ma se non ci sarà erogato dovremmo pagare tutto noi fin quando non ci aggiustano casa per rientrare. «Gli assistenti sociali – conclude la mamma di Roberta –  suggerivano di andare in una Casa Famiglia, ma per mia figlia sarebbe comunque difficile. Ho chiesto anche alle suore che gestiscono l’istituto, altra situazione complicata».

di Antonio Sabbatino

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui