Cresce la preoccupazione all’interno della comunità scientifica per la diffusione di patologie infettive tropicali in Europa e negli Stati Uniti, favorita dal cambiamento climatico. A fare notizia in Italia è il virus West Nile, che, nel solo mese di luglio, conta già 20 contagiati e 4 decessi. La febbre West Nile, provocata da questo flavivirus, si manifesta solo nel 20% dei casi ed è accompagnata da mal di testa, nausea e vomito. Anziani e immunodepressi i soggetti più a rischio. Il virus del Nilo Occidentale, trasmesso all’uomo dalla puntura di zanzara infetta, però, non è l’unica zoonosi che minaccia la salute pubblica dei Paesi a nord del tropico: in aumento anche le zecche (Ixodes ricinus in Europa, e Ixodes scapularis in Nord America), portatrici di patologie come il morbo di Lyme, la babesiosi e l’encefalite da zecche; stesso discorso per quanto riguarda la zanzara tigre e la zanzara Aedes aegypti, nota anche come “zanzara della febbre gialla”, vettore tra i più efficaci di Zika, Dengue e Chikungunya. Nel Nord America principalmente, si è registrato anche il ritorno di patologie zoonotiche gravi, come la tularemia e, persino, la peste bubbonica.

“Anche nel nostro Paese si stanno sviluppando le condizioni climatiche affinché le zanzare vivano per tutto l’anno. Questo aumenta il rischio di infezioni da loro trasmesse come il virus West Nile, che ha fatto a luglio già quattro morti in Italia: erano anni che non uccideva tante persone”, ha spiegato, alla presentazione del dossier ‘Il cambiamento climatico in Italia”, Walter Ricciardi, Professore ordinario d’Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che aggiunge: “Le ondate di calore accrescono condizioni favorevoli allo sviluppo di vettori come la zanzara, che è il principale killer mondiale e uccide soprattutto in Africa, dove le temperature sono sempre alte e questo fa sì che le zanzare non muoiano per le temperature basse invernali. Le malattie trasmesse da zanzara continuano a circolare, e andando di questo passo ne avremo altre, incluso il rischio del ritorno della malaria”.

Interessano le regioni del Nord, secondo un report del WWF, 37 potenziali malattie infettive clima-sensibili, chiamate anche “Climate Sensitive Infections”, trasmesse da vettori che, alla ricerca di condizioni climatiche favorevoli, muovono verso latitudini settentrionali.

A preoccupare maggiormente medici e scienziati sono i possibili scenari futuri, dove l’aumento delle temperature, insieme alla più generale tropicalizzazione del clima, favoriranno, sempre più, la presenza endemica di specie alloctone portatrici di infezioni. La spiegazione è semplice e naturale: sopravvivenza.

Ogni specie animale risiede in un determinato territorio se può trovare condizioni favorevoli alla vita. Il cambiamento climatico, però, sta mutando significativamente le caratteristiche di tutti gli ambienti terresti e marini. Le variazioni delle temperature, come delle precipitazioni, influenzano la sopravvivenza di molte specie animali all’interno dei loro ambienti naturali. Non ne influenzano solo la diffusione territoriale, ma anche la riproduzione, il ciclo vitale e finanche il metabolismo. Se molte specie hanno la capacità di adattarsi e sopravvivere a mutate condizioni del loro ambiente, altre sono costrette a spostarsi per cercare un’habitat più favorevole. Questo fenomeno sta implementando il rischio di una maggiore diffusione delle malattie infettive (circa il 60% delle malattie infettive sono zoonosi), dovuta proprio alla migrazione di quelle specie animali (come zanzare, mosche, zecche, pulci e pidocchi) che giocano il ruolo di vettori biologici di infezione. Le regioni settentrionali dell’emisfero, che stanno subendo più velocemente gli effetti del riscaldamento globale, si trovano ad essere maggiormente esposte a questa minaccia sanitaria.

di Valerio Orfeo

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