C’è un’umanità in cammino che spesso vediamo solo nei numeri. Cifre che scorrono nei grafici, nei bollettini, nei titoli dei notiziari mentre stiamo cenando. Ma dietro quei numeri ci sono volti, storie, perdite e speranze. Sono i migranti e i rifugiati che ogni giorno attraversano confini, deserti, mari, per cercare una possibilità di vita.
Dal 1° gennaio al 4 luglio 2025 sono sbarcati in Italia 30.611 migranti, un dato in leggera crescita rispetto allo stesso periodo del 2024 (26.202) ma ancora ben lontano dai numeri del 2023, quando nello stesso arco di tempo si erano registrati 66.491 sbarchi. A colpire, più che i dati assoluti, è il lento calo dell’attenzione pubblica, quasi come se, al diminuire degli arrivi, si abbassasse anche il livello di umanità con cui guardiamo a questi fenomeni.
Il report diffuso dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza evidenzia che il Bangladesh rappresenta il primo Paese di provenienza dei migranti sbarcati quest’anno (32%), seguito da Eritrea (14%), Egitto (12%), Pakistan (9%), Etiopia (5%) e Sudan (4%). Numeri che, letti con attenzione, mostrano un tratto comune: si fugge da guerre, persecuzioni, regimi autoritari, instabilità cronica.
Un dato particolarmente significativo è quello relativo ai minori stranieri non accompagnati: nei primi sei mesi del 2025 ne sono sbarcati 5.328, una cifra che, seppur inferiore a quella del 2023 (oltre 18mila in tutto l’anno), conferma la presenza massiccia di bambini e adolescenti soli, esposti a rischi enormi di sfruttamento, tratta e abusi.
In questo scenario complesso, Napoli e la Campania giocano un ruolo di primo piano. Fino allo scorso anno, la regione contava oltre 190.000 cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti, di cui circa 100.000 nella città metropolitana di Napoli. A questi si aggiungono oltre 18.000 rifugiati di nazionalità ucraina, accolti in seguito alla guerra.
La Campania si è dunque posizionata tra le prime regioni italiane per accoglienza, dimostrando – nonostante le difficoltà – una capacità di risposta significativa. Il dato è stato sottolineato in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, celebrata con un convegno istituzionale al Maschio Angioino, a cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, del sistema di accoglienza SAI, del mondo universitario e del terzo settore.
Ma non esiste solo l’accoglienza. Come ha denunciato di recente anche la Fondazione Migrantes, permangono sacche di disumanità nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR), luoghi in cuii diritti fondamentali sembrano sospesi.
Il problema non è solo giuridico, ma profondamente etico: è accettabile privare una persona della libertà senza che abbia commesso un reato, solo perché “irregolare”?
Proprio per questo, la narrazione intorno ai migranti e rifugiati non può limitarsi alla cronaca degli sbarchi o alle emergenze temporanee. Serve un racconto che metta al centro le persone, che dia spazio a storie di integrazione, di riscatto, di cittadinanza possibile.
In Campania non mancano buone pratiche: dai progetti di inclusione abitativa a quelli per il lavoro agricolo etico, dalle scuole multiculturali ai percorsi di supporto psicologico per i minori. Ma serve di più: serve una regia pubblica che investa con convinzione su politiche strutturali, capaci di trasformare l’accoglienza da atto emergenziale a visione di futuro.
L’integrazione non è una gentile concessione, ma una scelta politica. E come ogni scelta, va sostenuta da visione, risorse e coraggio. A Napoli e in Campania c’è un potenziale enorme, fatto di associazioni, reti territoriali, esperienze di prossimità e attivismo civico. Ma c’è anche il rischio – concreto – che l’attenzione cali, che le emergenze fagocitino la programmazione, che la solidarietà resti confinata agli slogan.
In un mondo in cui oltre 110 milioni di persone sono costrette a fuggire dalle proprie case, come ci ricorda l’UNHCR, ogni territorio deve fare la sua parte. E ogni cittadino deve interrogarsi su quale mondo vuole abitare: uno che alza muri o uno che costruisce ponti.
Perché il futuro, lo insegna ogni migrante, non si ferma ai confini. E spesso inizia proprio dove altri vedono solo fine.