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Grecia, i supermercati vendono prodotti scaduti per battere la crisi

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Crisi in Grecia, violenti scontri davanti al parlamento della capitaleATENE – Cibi scaduti in libera vendita, a prezzo scontato (anche a un terzo del valore originario), nei supermercati per favorire chi non può permettersi quelli a prezzo pieno. È la nuova misura d’austerità che la Grecia ha intrapreso per aiutare le famiglie strangolate dalla crisi economica.
PRODOTTI NON DEPERIBILI – L’idea, emersa già lo scorso ottobre, è del ministero per lo Sviluppo di Atene: prodotti non deperibili – come olio, verdura in scatola o pasta -, insomma, quelli per cui è sì indicata una data di sicurezza, ma che non diventano immediatamente un pericolo per i consumatori, in vendita per un periodo ulteriore e strettamente regolamentato. Se il prodotto ha nella data di scadenza giorno e mese, può essere venduto solo per una settimana oltre quella data. Se riporta mese e anno, può restare sugli appositi scaffali per un mese in più. Se il «da consumarsi preferibilmente entro» è solo un anno, allora il prodotto si guadagna tre mesi di «vita». Assolutamente proibito, invece, attuare lo stesso principio a ristoranti e bar, che usano normalmente cibi deperibili.
L’UNIONE EUROPEA E LE PROTESTE – Il nuovo codice è entrato effettivamente in vigore il 22 agosto. E la misura, sottolinea il sito Euractiv, è stata presa in pieno accordo con l’Unione europea. Quindi senza contravvenire la severa legislazione europea in materia di conservazione dei cibi. Diverse associazioni hanno protestato sostenendo che «il Paese si trasformerà in una discarica» e che la norma distruggerà la dignità dei cittadini. Paremvasi, la principale confederazione, ha aggiunto: «Con questa misura il governo crea scaffali per i poveri. Vogliamo prezzi più bassi, perché il Paese è molto caro, ma non così». Il ministero dello Sviluppo ha respinto le accuse con sdegno: Giorgos Stergiou, il sottosegretario per i consumatori, ha ribadito: «La data di scadenza indicativa non ha a che vedere con la sicurezza o la qualità del cibo, ma è fissata dalle aziende per ragioni di marketing».

Maria Strada per corriere.it

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