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Poggioreale, pranzo di Natale per 130 detenuti

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NAPOLI. Un pranzo, una canzone e un brindisi possono dare la sensazione di vivere in libertà. È quello che è successo a 130 detenuti del carcere di Poggioreale che, grazie alla Comunità di Sant’Egidio, hanno pranzato all’interno della cappella del penitenziario e hanno vissuto qualche momento di serenità. Circa 50 i volontari che hanno addobbato la navata con tovaglie rosse, festoni e luci natalizie, prima di servire ai tavoli. Loro, i detenuti, sono arrivati alla spicciolata, scortati dagli agenti. I volti distesi, felici di assaporare l’atmosfera delle feste: si guardavano intorno, sorpresi da come si era trasformato il posto. Si trattava dei più deboli tra i deboli: i più poveri, quelli che non fanno colloqui e gli stranieri.
Oltre al cibo, la vera sorpresa del pranzo è stata la presenza di un ospite particolare: Patrizio Rispo. L’attore, conosciuto per il ruolo del portiere Raffaele nella soap “Un Posto al Sole”, ha mangiato con i carcerati, li ha ascoltati e si è informato sui loro problemi e le loro esigenze. Rispo ha anche rivolto un personale ringraziamento a Marco Pannella, auspicando che la sua lotta possa servire per arrivare all’amnistia. Gli auguri di Natale sono arrivati anche dal portavoce della comunità, Antonio Mattone, che ha ricordato come da 9 anni la Comunità organizza quest’evento, che all’inizio vedeva la partecipazione di soli 7 carcerati; e dalla direttrice della casa di detenzione, Teresa Abate, che ha rivolto un pensiero ai detenuti rimasti in cella e ha poi ringraziato tutte le persone che hanno contribuito a rendere unica la giornata.
Dopo il panettone e lo spumante, in perfetto clima da pranzo delle feste, spunta all’improvviso anche Babbo Natale, che ha portato un dono per tutti. Sigarette, cioccolatini e delle magliette, e anche delle foto ricordo, quasi a rievocare un momento d’infanzia, di spensieratezza. Il giorno di Natale, nel carcere, sarà uguale a tutti gli altri e questo anticipo è servito a ricordare com’è la vita oltre le sbarre delle loro piccole celle.

di Pietro Esposito

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