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La valutazione di impatto sociale diventa criterio giuridico e amministrativo

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“La valutazione di impatto sociale (Vis) entra di diritto tra i criteri per la selezione dei progetti a rilevanza nazionale. Una novità che fonda le proprie radici nel Dm del 23 luglio 2019 con cui il ministero del Lavoro fissa modalità e criteri attraverso cui gli enti del Terzo settore (Ets) possono misurare l’effetto di una determinata progettualità.

In altri termini, a differenza dei precedenti anni, l’atto di indirizzo non si limita a richiedere la coerenza con le aree prioritarie d’intervento, ma introduce in maniera concreta l’importanza della valutazione di impatto sociale: essa diventa oggi non solo un riferimento metodologico, bensì un vero e proprio criterio di valutazione dei progetti presentati.

Il passaggio contenuto nell’atto di indirizzo, a ben vedere, riflette una precisa opzione di sistema. L’impatto sociale si afferma come strumento essenziale per garantire che le risorse destinate al Terzo settore siano impiegate in modo efficace e coerente con la finalità di interesse generale. Senza tener conto che la misurazione degli effetti generati dalle progettualità finanziate con i fondi dell’articolo 72, Codice del Terzo settore (Cts) assume una “dimensione fiduciaria” che caratterizza il rapporto tra enti e comunità.

Valutare l’impatto significa rendere visibile il valore aggiunto prodotto dalle attività degli Ets e permettere ai cittadini di comprendere in quale misura le risorse pubbliche e private mobilitate dagli enti si traducono in benefici collettivi. Non si tratta, quindi, di un esercizio contabile, ma di un passaggio sostanziale fondamentale per consolidare la credibilità del Terzo settore e il suo radicamento sociale.

Un orientamento che, peraltro, si pone in linea con le raccomandazioni unionali (13287/23) che individuano la Vis come condizione necessaria per lo sviluppo dell’economia sociale, sottolineandone la funzione di trasparenza e di rafforzamento delle politiche pubbliche. Di fatto, l’atto di indirizzo segna un “momento di maturazione del quadro normativo”: la valutazione di impatto sociale, già prevista nelle linee guida del 2019, diventa ora criterio giuridico e amministrativo di valutazione dei progetti. È un passaggio che sposta l’attenzione dalla semplice coerenza formale alla capacità degli enti di generare valore pubblico misurabile, in linea con i principi di sussidiarietà e trasparenza che ispirano il Cts.

Resta, tuttavia, da sciogliere un nodo applicativo: le condizioni indicate restringono la Vis ai soli interventi di durata di almeno 18 mesi e con un valore superiore a un milione di euro, se sviluppati in ambito interregionale, nazionale o internazionale. Una soglia volutamente non allineata con la stessa impostazione delle linee di indirizzo, che contemplano invece anche progettualità di valore inferiore, con cofinanziamenti da 250mila euro. È evidente che la Vis non può costituire un adempimento sproporzionato alle somme ricevute, ma è chiaro che nei prossimi anni è destinata a diventare sempre più centrale nell’assegnazione delle risorse agli enti del Terzo settore. Questo per evidenziare la capacità di tali enti di moltiplicare il valore ricevuto attraverso attività a beneficio della comunità”.

*Articolo di Gabriele Sepio pubblicato sul quotidiano "Il Sole 24 ore"

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