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La tutela dell’ambiente entra nella Costituzione, modificati gli articoli 9 e 41. Cosa cambia ora?

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Una modifica agli articoli 9 e 41 definita storica soprattutto dagli ambienti della politica: con l’approvazione in Parlamento lo scorso 8 febbraio della relativa proposta di legge la tutela ambientale entra a far parte dei principi fondamentali della Costituzione italiana. Un risultato rivendicato dalle varie compagini partitiche che l’hanno promossa, esultanti per quanto approvato Camera che al Senato con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Per meglio comprendere l’argomento, riportiamo quanto è possibile leggere sul sito della Camera dei Deputati rispetto alla nuova legge costituzionale numero 1 del 2022: “Il testo introduce un nuovo comma all’articolo 9 della Costituzione, al fine di riconoscere – nell’ambito dei principi fondamentali enunciati nella Costituzione – il principio di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni’’. A ciò si aggiunge, sempre all’articolo 9, la tutela degli animali. Per quanto attiene all’articolo della Costituzione modificato, il 41, “si interviene – si legge sempre sul sito della Camera dei Deputati – sul secondo comma stabilendo che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all’ambiente’’ e “riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali’’.

Parola al Costituzionalista –Ma quanto approvato è davvero una rivoluzione? Renato Briganti, Costituzionalista e docente della Federico II ateneo in cui insegna peraltro Diritto dell’Ambiente, al nostro sito mantiene razionalità di giudizio approfondendo la questione. «Secondo noi costituzionalisti non era urgente quest’approvazione perché la tutela ambientale era già implicita negli articoli 2,3, 9 e 32 della Costituzione. Inoltre, con la riforma del Titolo V del 2001 (quella riguardante le attribuzioni delle competenze degli enti locali ndr.), alla lettera “s’’ dell’articolo 117 è definita si parla della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’’». Briganti aggiunge: «Il combinato disposto di questi articoli già implicitamente tutelava l’ambiente. Il Parlamento l’ha voluta rendere esplicita». Insomma, dalla visione di un costituzionalista sembra che non sia sbagliato parlare di un raffreddamento degli entusiasmi. Diverso invece quanto va intesa sulla tutela degli animali. «Si tratta in questo caso di una novità» afferma il professore di diritto dell’ambiente della Federico II che ricorda come la tutela dell’ambiente e degli animali oggetto della proposta di legge parlamentare poi approvava richiama al “Pachamama’’, ossia l’inserimento, avvenuta già da diverso tempo, in Costituzione di molti paesi sudamericani la tutela di tutte le forme di vita compresa «la Madre Terra». Si è passati da un sistema «antropocentro, con al centro l’uomo a uno ecocentro in cui la terra, l’ambiente hanno priorità». «Mi piace pensare – afferma ulteriormente il professor Briganti – che quanto approvato sia frutto anche dell’aver tenuto in debita considerazione il contenuto dell’Enciclica “Laudato sì’’ del 24 maggio 2015 in cui Papa Francesco dava pieno risalto all’ecologia integrale. Altro che riunione della Cop 21».

Le prospettive-  Sull’impatto rispetto a quanto approvato Renato Briganti fa un ulteriore ragionamento non lasciandosi trascinare nemmeno in quest’occasione da facili entusiasmi, soprattutto per quanto attiene all’Italia. «Il problema principale è guardarsi sempre dal greenwashing e questo vale per le imprese e per le Nazioni. I Paesi scandinavi parlano poco ma fanno tanto. Noi invece in Italia parliamo tanto ma facciamo poco. I giuristi dicono: un conto è la positivizzazione della norma, un’altra la sua effettiva attuazione». Da qui la necessità di un fronte comune, agendo praticamente all’unisono, tra «lo Stato apparato e lo Stato Comunità» cioè tra le istituzioni e l’opinione pubblica, la società civile. Il professor Briganti sull’effettiva realizzazione di tale comunione d’intenti si dice però «perplesso».

di Antonio Sabbatino

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