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Aima, corso di formazione dedicato al caregiver

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Un corso online gratuito dedicato al caregiver per i soci, con l’obiettivo di fornire i dettami giusti per una formazione adeguata ai familiari e al personale impegnato a prendersi cura delle persone con sindrome di Alzheimer. È quello presentato ieri, in occasione della giornata del caregiver, dall’Aima sezione Campana. Le iscrizioni rimarranno aperte al momento sino alla fine di luglio. Coloro i quali sono interessati potranno essere messi a conoscenza della modalità di iscrizione sul sito www.aimanapoli.it-. Tra gli intendimenti del corso, fanno sapere dall’Aima, quella di insegnare a «gestire le varie problematiche correlate, sulle tecniche di stimolazione cognitiva e attività socializzanti per prevenire e/o contenere i disturbi comportamentali e cognitivi». Tra loro autonomi, i vari moduli del corso online potranno essere seguiti dal singolo partecipante, ricordano gli organizzatori, «in qualsiasi momento accedendo alla piattaforma». Il caregiver racchiude diverse figure: quello formale – infermiere o qualsiasi altro professionista e informale composto da figlio, coniuge, e a volte anche un altro familiare o amico) che assume il ruolo principale di cura e di assistenza del proprio caro, che non è più in grado di prendersi cura di sè, per supportarlo nelle sue attività di vita quotidiana, quasi sempre tutti i giorni e per tutto il giorno. Da Aima Campania ricordano come il caregiver sia «sottoposto a numerosi fattori stressanti che spesso possono essere causa di insorgenza di disturbi fisici, anche se ciò dipende dal grado di resilienza personale, da quali strategie si adottano per superare la situazione e dal supporto su cui ciascuno può contare». In Italia, come nel resto del mondo, a fungere da caregiver familiari o informali sono principalmente le donne, arrivando fino al 75% del totale, d’età compresa tra i 45 e i 64 anni. Si tratta di una platea che spesso, a causa della necessità di accudire un proprio congiunto, ha dovuto abbandonare la propria attività lavorativa per dedicarsi a tempo pieno alla cura. La percentuale, in tal senso, arriva al 60% dei casi.

di Antonio Sabbatino

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