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La resistenza artigiana a Napoli: quando passione e tradizione diventano rivoluzionarie LE FOTO

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Passione e tradizione vivono tra le mani di chi dedica le ore della propria giornata a costruire, rifinire, ritoccare, dipingere, riparare, inventare, studiare. Che siano svolte con tecniche antiche o più moderne si tratta di mansioni rivoluzionarie perché, in direzione ostinata e contraria, gli artigiani del centro storico resistono alle diaboliche leggi di un mercato che tende all’appiattimento degli individui sia quando acquistano che quando producono.

CREATIVITA’ E LIBERTA’ – Un concetto espresso chiaramente da Alessandro Zanesco, che trascorre sessanta ore a settimana nella sua liuteria a via San Sebastiano: «L’atto creativo che risiede nel lavoro degli artigiani, ci permette di essere liberi. Quanto vale il tempo? Non ha prezzo, vero? Io sono padrone del mio, ogni ora spesa qui dentro è un’ora in cui cresco, imparo, mi appassiono. Il violino è uno strumento complesso, richiede studio, io ci ho messo anni, e ancora oggi trascorro le ore in bottega a leggere e apprendere dai manuali più antichi. Non ho mai puntato tutto sul guadagno, la mia ricchezza più grande è svegliarmi ogni mattina felice di ritornare qui in bottega». Sulla stessa linea Annalisa Mignogna, proprietaria assieme agli altri artigiani della Legatoria Artigiana con sede nell’antico Palazzo Marigliano «E’ un mestiere che rende poco, ma profondamente umano perché si svolge con dedizione ma nasconde anche una certa responsabilità sociale: qui preserviamo la tradizione e preservarla vuol dire non cadere mai nella commercializzazione. Siamo testimoni di un modo di lavorare e di essere, perché creare dei pezzi unici significa entrare in relazione con un cliente, compiere una ricerca culturale, approfondire, apportare cura, creatività e gusto. Tutte queste operazioni generano cultura e dunque crescita».

OASI DI BELLEZZA – Proprio di fronte alla legatoria c’è un’altra oasi di bellezza, umanità e tradizione, quella di Tiziana Grassi, il primario dell’Ospedale delle Bambole, che si accoda al filone rivoluzionario anteponendo il valore umano a quello economico : «Le attività che svolgo qui dentro non mi permettono di generare alcun profitto, tutti i soldi che arrivano vengono reinvestiti per tenere in piedi la struttura in un ciclo che io definisco virtuoso perché non smetterò mai di rendere felici le persone che mi portano i loro oggetti ad aggiustare. Mi ritengo un’ artigiana semplice, che si occupa di restaurare oggetti la cui preziosità è stata riconosciuta dalle persone che arrivano qui perché nascondono pezzi di vita, amori, ricordi. Questo spazio attira selezionando, è una selezione senza strati sociali, ma di cuore, per chi può comprendere davvero il valore umano che si nasconde in questa bottega che mi lasciato mio padre. La sera rientro a casa contenta pensando alle sue parole, ad ogni volta che mi ripeteva che la ricchezza appartiene all’anima».

di Lea Cicelyn

foto di Giuseppe Avella e Kristel Pisani Massmormile (per gentile concessione) 

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