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Il diritto ad essere riconosciuti: al via #NonEsisto, la campagna del Consiglio Italiano per i Rifugiati per i diritti degli apolidi

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denis-bosnic-apolidia-apolide-stateless-statelessness-cir-18.+sandokan-35ROMA – In Italia si stima ci siano 15mila persone che non hanno la possibilità di studiare, di sposarsi, di lavorare, di avere dei documenti, dei diritti. In Europa sono 600.000 a vivere in questo limbo. Persone che hanno perso o non hanno mai avuto la cittadinanza del loro Paese di origine. Apolidi. Una condizione che può diventare una condanna in un paese come l’Italia, dove il riconoscimento del loro status è praticamente impossibile: a causa di procedure inaccessibili, infatti, solo 606 persone hanno uno status di apolidia riconosciuto nel nostro Paese. Gli altri sono totalmente invisibili.

Il progetto Listening to the sun, realizzato dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) con il sostegno della Open Society Foundations in Italia, ha l’obiettivo di realizzare una campagna di sensibilizzazione sulle difficoltà che incontrano le persone apolidi nella vita quotidiana, causate dall’impossibilità pratica di accedere a un riconoscimento legale della propria condizione.
La campagna #NonEsisto (www.nonesisto.org) attraverso i video e le foto di Denis Bosnic ci racconta le storie di Nyima, Sandokan, Elena e Ramadan. Filo conduttore è l’idea di esistenza negata agli apolidi, laddove la loro condizione non viene riconosciuta e con essa tutti i loro diritti e le loro opportunità. Per dirlo con le parole del Signor Halilovic “Sono apolide, anzi neanche apolide. Sono invisibile, perché ancora non ho il riconoscimento dello stato di apolidia…..Valgo zero”.
Una condizione che purtroppo si tramanda per generazioni e a pagare le conseguenze dell’apolidia sono spesso proprio i bambini. Molti figli nati nel nostro Paese da famiglie sfollate dalla ex Jugoslavia hanno ereditato la condizione di apolidia dai loro genitori o si sono ritrovati con una nazionalità incerta. Rappresentano la seconda o terza generazione e, per varie cause, non hanno avuto accesso a uno status riconosciuto. A causa di questa condizione di sostanziale irregolarità non possono neanche ottenere la cittadinanza italiana: la loro esclusione dai diritti di cittadinanza è un dramma sociale e un problema giuridico rilevantissimo, su cui abbiamo la possibilità e il dovere di intervenire.
Un rischio che potrebbero correre anche i rifugiati che stanno arrivando in Italia e in Europa e che ci pone di fronte alla sfida di individuare e prevenire possibili situazioni di apolidia tra i bambini che non hanno potuto ottenere la cittadinanza dei propri genitori o del proprio paese di provenienza. Questo può succedere ad esempio nel caso dei figli nati da madri siriane rimaste sole, che non possono trasmettere la cittadinanza ai loro figli a causa della legge siriana che lo permette solamente ai padri.
“L’apolidia è in sé una condizione estremamente complessa e dolorosa, perché presuppone l’inesistenza, la negazione del legame più importante che unisce un individuo al suo Stato: la cittadinanza. Ma questa condizione può divenire addirittura drammatica se non riconosciamo a queste persone identità e diritti. Tutti gli esseri umani hanno diritto ad avere una nazionalità, e coloro che ne sono sprovvisti hanno comunque diritto ad una protezione adeguata. Per questo motivo, con questa campagna vogliamo creare una sensibilità sul tema che possa favorire in Italia l’introduzione della legge sull’Apolidia, uno strumento normativo che possa garantire una procedura chiara, facilmente accessibile e fruibile per tutti coloro che hanno diritto a chiedere il riconoscimento di apolidia, e che includa una regolamentazione dei diritti della persona, durante l’iter e dopo l’eventuale riconoscimento” dichiara Fiorella Rathaus, direttrice del CIR.

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