“È nostra responsabilità, come cittadini italiani e membri della comunità scientifica, avvertire chiaramente di ogni minaccia alla salute pubblica. Ed è dovere dei giornalisti difendere il diritto all’informazione e diffondere notizie scientifiche verificate.” Così inizia la lettera aperta ai media, firmata da 100 scienziati italiani, che mette in guardia dagli effetti dei cambiamenti climatici e dalla errata narrazione di questi.

“Nel suo ultimo rapporto, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (IPCC) è chiarissimo su quali siano le cause principali del cambiamento climatico: le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili. Ed è altrettanto chiaro su quali siano le soluzioni prioritarie: la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas, e la decarbonizzazione, attraverso le energie rinnovabili. È questa la strategia giusta per fermare l’aumento delle temperature, ed è tecnologicamente ed economicamente attuabile già oggi. A questo devono aggiungersi politiche di adattamento per proteggere persone e territori da quegli effetti del cambiamento climatico, divenuti ormai irreparabili.”

Tra i firmatari della lettera vi sono i nomi più illustri della comunità scientifica italiana e i massimi esperti di clima, tra i quali, Antonello Pasini, Primo ricercatore dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR;  Giorgio Vacchiano, Professore associato in Gestione e pianificazione forestale presso l’Università degli Studi di Milano, e Presidente del Climate Media Center Italia; Cristina Facchini, Presidente della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC), e, non ultimo, Giorgio Parisi, Professore emerito in Fisica teorica dell’Università Sapienza di Roma e Premio Nobel per la Fisica 2021.

“Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace, rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate. Per queste ragioni, invitiamo tutti i media italiani a spiegare chiaramente quali sono le cause della crisi climatica e le sue soluzioni, per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro.”

Così, l’ambigua confusione e il pressappochismo attorno alla narrazione della crisi climatica possono essere annoverate di fatto, secondo i firmatari, tra le cause della mancata risoluzione politica del problema. Da uno studio condotto da Greenpeace sullo stato della narrazione climatica in Italia, su 522 servizi di telegiornale, che rendono conto di alluvioni, frane, ondate di caldo anomalo, perdurante siccità e conseguente crisi idrica, solo il 24% cita la crisi climatica come background entro il quale è possibile comprendere il sempre più numeroso susseguirsi di eventi estremi. Nei TG, le cause della crisi climatica sono raramente menzionate (8,8%), al contrario delle conseguenze, citate nel 58,8% dei casi. Il trend dei media, confrontando i dati, non fa che rispecchiare fedelmente lo storytelling climatico della politica. Analizzando gli spazi di comunicazione autodiretta dai politici stessi, ovvero i contenuti condivisi attraverso gli account ufficiali Facebook, si può evincere che solo nel 10,1% dei casi la comunicazione è focalizzata su temi ambientali. Ancora più bassa è l’attenzione per la crisi climatica, presente in appena lo 0,2% dei post. Dati simili riguardano anche l’informazione eterodiretta dei TG, dove a scegliere le dichiarazioni da trasmettere sono le varie redazioni. Anche in questo caso, la percentuale di dichiarazioni su temi ambientali sul totale delle dichiarazioni rilasciate è bassa, pari all’11, 9%, mentre la crisi climatica è presente in appena lo 0,5% delle dichiarazioni.

Se si parla poco delle cause e delle responsabilità della crisi climatica, ancor meno si parla delle strategie di contrasto. La decarbonizzazione, ovvero la riduzione delle emissioni e dei combustibili fossili, è un argomento presente nell’informazione che menziona esplicitamente la crisi climatica, tuttavia con una frequenza mediamente bassa, pari all’11,4%. Inoltre, sebbene le emissioni e i combustibili fossili siano le cause della crisi climatica più menzionate nei canali d’informazione, come abbiamo visto, quest’ultimi, prestano generalmente poca attenzione alle cause del cambiamento climatico (mediamente il 19,6%), focalizzandosi di più sulle conseguenze (mediamente il 43,6%).

Difficile comprendere le motivazioni alla base dell’inappropriatezza della narrazione del problema climatico dei media italiani. Vantare il 41° posto nella classifica mondiale della trasparenza dell’informazione, anche se in risalita dopo il triste 58° posto dello scorso anno, certamente non aiuta una libera narrazione di un problema di difficile comprensione e di difficile soluzione, antieconomico e liberticida, come quello climatico. Ancor meno sapere che le inserzioni pubblicitarie di aziende inquinanti sui 5 quotidiani nazionali analizzati dallo studio di Greenpeace (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, la Stampa e L’Avvenire) sono molto numerose, 795 in totale, con variazioni rilevanti fra il valore massimo de Il Sole 24 Ore (230) e il valore minimo di Avvenire (54).

Si evince, quindi, che i cinque principali quotidiani nazionali nel loro complesso pubblicano più di 2 pubblicità di aziende inquinanti al giorno.

“Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico” concludono i firmatari della lettera. “Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti.”

di Valerio Orfeo

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