Un intervento il più possibile tempestivo e mirato, che parte dalla segnalazione del caso specifico al referente dell’Ufficio di Servizio Sociale per i minorenni. Dopo i primi approfondimenti, scatta l’attuazione delle disposizioni in materia di tutela dei minorenni che, a partire dai casi più gravi come ad esempio la violenza sessuale, prevede un’assistenza affettiva e psicologica. Un lavoro sinergico, dove entrano in gioco varie professionalità. È il contenuto principale del protocollo operativo di orientamento territoriale per la presa in carico e la tutela dei minorenni vittime di reato che vivono nel territorio della città di Napoli. A sottoscrivere il documento, questa mattina al Centro Europeo di Studi Nisida, i rappresentanti della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli. La Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli. Il Centro di Giustizia Minorile della Campania. E ancora: la Regione Campania, l’Asl Napoli 1 Centro, il Comune di Napoli, la Questura di Napoli e il Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli. A coordinare il progetto, Defence for Children International Italia.

Il protocollo e la spiegazione-Il protocollo sottoscritto, in estrema sintesi, mette a punto un dispositivo che integra le procedure già in atto per presa in carico ma si avvarrà di un maggior coordinamento tra le istituzioni coinvolte, in nome di quella famosa rete che per ciò che concerne i minori vittime o potenzialmente vittime di reato risulta essere ancora più importante. I primi casi potranno essere trattati sin da subito, poi si entrerà nel vivo presumibilmente già dopo l’estate.  «Spesso – afferma Pippo Costella, direttore Defence for Children Italia –  la firma di un protocollo prelude a qualcosa. Questo in realtà è un percorso conclusivo dopo un lavoro di 2 anni per proteggere i minorenni vittime di reati, che non si protragga con delle procedure che non sono a misura di minori». Fondamentale per Costella è «intervenire in modo rapido, per fare facilitare il percorso di ritorno alla normalità facendo emergere situazioni altrimenti non affrontare. Il senso è creare una sinergia tra tutte le istituzioni del territorio non creando ulteriori sofferenze ai ragazzini. Un minorenne che si trova in certe vicissitudini deve affrontare l’aspetto legale, psicologico, a volte distanziamento dalla situazione di cui è stato protagonista».

Gli altri interventi

Ruolo centrale nelle individuazioni delle professionalità a tutela dei minori l’avrà l’Asl Napoli 1 Centro. Il direttore generale dell’Azienda sanitariaFIR locale napoletana, Ciro Verdoliva, dice: «Stiamo lavorando sulla medicina di prossimità. Un protocollo come questo, equivale a una medicina di prossimità in favore di minori e a maggior ragione per quelli ristretti e verso ragazzi di genitori ristretti. Daremo loro un supporto psicologico. È l’inizio di un percorso, che specifica chi deve fare cosa per chi. Abbiamo bandito un concorso per l’assunzione di psicologi che scadrà il prossimo martedì. Penso che già da settembre i nostri psicologi saranno operativi, che andranno a integrarsi con le altre discipline» Sulla mappatura? «La faremo con il protocollo, tirando fuori con dati statistici sul fenomeno di chi ha subito e/o ha assistito a violenza risponde il dg Verdoliva. «La tutela dei minorenni è materia complicata, comporta un esborso economico, di risorse. C’è la necessità di rafforzare questi servizi con un salto di qualità» si dice convinto l’assessore regionale alla Legalità Mario Morcone. Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ricorda il ruolo «dei centri educativi del Comune, aiutando a dare ai giovani una seconda chance di ritorno alla normalità in un momento in cui i fenomeni di violenza che riguardano i giovanissimi sono sempre più numerosi. L’emergenza che tocca le grandi aree metropolitane e che tocca particolarmente Napoli». A domanda specifica su cosa scorge nei ragazzi incontrati in contesti pubblici e non solo, Manfredi si dice, «da padre, molto preoccupato perché capisco che la fragilità dei minori deve essere accompagnata da una società che sia in grado di ascoltarli e di proteggerli. La precocità di alcuni comportamenti, l’abuso di alcool, un uso distorto dei social fanno sì che gli episodi di bullismo che ci sono sempre stati nella nostra società vengano amplificati». Importante per il primo cittadino è anche «il ruolo delle famiglie che spesso non riescono a garantire quel presidio di vicinanza che aiuterebbe questi ragazzi a percorrere strade più appropriate».

Le parole del procuratore

Maria De Luzenberger, procuratore generale al Tribunale per i Minorenni di Napoli, a margine della firma del protocollo di stamattina, non può fingere sulla realtà dei fatti rispetto al tema della violenza minorile. «Dal punto di vista della delinquenza minorile è un momento abbastanza grave. Non c’è un aggravamento dal punto di vista numerico – stando ai numeri che arrivano alla nostra Procura – quanto piuttosto rispetto alla modalità, alla violenza, all’uso delle armi con una diffusione invece esponenziale. Ovviamente, questo ci porta ad avere attenzione al fenomeno» e il protocollo operativo di orientamento territoriale va proprio nella direzione dell’impegno a «sostegno delle vittime, anche per poter diminuire quel numero di persone che non denunciano. Sappiamo che chi resta vittima ha una serie di difficoltà nell’ambito del procedimento giudiziario, del processo soprattutto se si tratta di minorenni». Per il procuratore De Luzenberger, «il percorso è difficile e oneroso». Ma c’è un filo conduttore rispetto ai tanti episodi di violenza con protagonisti i minorenni della città di Napoli (ma anche tantissimi dell’area metropolitana, della Regione Campania e al dire il vero in tantissime parti d’Italia)? Per il procuratore generale al Tribunale per i Minorenni di Napoli è «l’assenza della scuola. I ragazzi che delinquono e commettono atti violenti hanno alle spalle abbandoni scolastici o dei percorsi non portati a termine. L’abbandono della scuola è indice anche di una cattiva educazione in famiglia e indica che tipo di famiglia c’è alle spalle» conclude il concetto Maria De Luzenberger, che sul protocollo firmato afferma: «I numeri non sappiamo ancora quali saranno. Prenderemo sicuramente in carico le vittime dei reati più gravi, omicidio, violenze familiari, minorenni che subiscono o assistono alle violenze ai danni delle proprie madri, reati quindi commessi da minorenni e che da maggiorenni, per poi estendere questo dispositivo il più possibile. Al dispositivo partecipa la Procura Ordinaria per una maggiore integrazione fra i vari operatori, servizi sociali, le due Procure, forze dell’ordine. A volte non c’è la presa in carico della vittima o si arriva in ritardo, i tempi dei minorenni non sono quelli dei maggiorenni e il fattore tempo può essere determinante. Il progetto è innovativo, mai fatto prima d’ora in Italia. Il sistema l’abbiamo ideato ed è pronto per essere attuato. Per il momento partiamo da Napoli, poi lo potremmo estendere alla provincia se la cosa funzionerà. Ma nulla vieta, qualora ce ne sia la necessità, di intervenire in altri territori dell’area metropolitana».

Di Antonio Sabbatino

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