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Quando i papà del calcetto si trasformano in “Brigata Solidale”

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Era una fredda sera d’inverno del 2018, quando, un gruppo di papà del quartiere Vomero, che ancora oggi ama definirsi “i papà del calcetto”, tra un’attesa e un tiro al pallone, ha scoperto di avere un hobby comune a tutti: cucinare.

« Ci radunavamo ogni settimana a casa di uno diverso, per dare sfoggio delle nostre “competenze” in cucina, ma poi, ad un certo punto, ci siamo detti che sarebbe stato giusto utilizzare questa passione per fare qualcosa di buono.», spiega Niccolò Magni, tesoriere di “La Brigata Solidale”.

Da lì, l’impegno mensile alla Mensa Dormitorio “La Palma” di Napoli per acquistare materia prima, preparare e servire una cena agli ospiti.

«Il gruppo è cresciuto sempre di più. Adesso non siamo solo “i papà del calcetto” ed abbiamo sentito l’esigenza di trasformarci in un ODV e di chiamarci “La Brigata Solidale” – precisa Magni –  «Prima, utilizzavamo una mia carta per raccogliere le donazioni spontanee che i nostri amici e parenti decidevano di fare, ma poi, andando avanti, pur piacendoci l’idea dell’organizzazione poco organizzata, aumentando le attività, è stato necessario mantenere linearità e trasparenza nei confronti di chi decide di sostenerci. Nelle nostre iniziative, non c’è dispersione nemmeno di un centesimo. Circa il 30% di quello che spendiamo, proviene dalle nostre tasche; ci autofinanziamo periodicamente

Oggi, le attività della brigata solidale, si alternano alla Mensa Dormitorio “La Palma”, insieme a quelle di altre 14 associazioni di volontariato. L’impegno mensile, si è trasformato quasi in impegno settimanale e non accenna ad arrestarsi.

« Grazie ai nostri contatti, ai nostri clienti, spesso riusciamo a garantire non solo cibo, ma anche donazioni di altro genere come vestiario, abbigliamento intimo, scarpe. Esprimo un pensiero a nome di tutti i componenti della brigata: in questi anni, ci siamo resi conto che i veri destinatari delle nostre azioni solidali siamo noi e non gli ospiti del dormitorio. La vera beneficenza la facciamo a noi stessi, perché torniamo a casa sempre con un sorriso.», afferma il volontario.

di Annatina Franzese

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