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Viaggio tra gli empori solidali: «Non solo aiuti materiali, qui si fa inclusione»

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Dall’Emilia alla Campania, i presidi di solidarietà si moltiplicano sul territorio nazionale. I Centri di Servizio per il Volontariato coinvolti in 79 realtà

Secondo l’ultimo rapporto 2018 della Caritas italiana e del CSVnet gli empori solidali in Italia erano 178.
Un numero che «oggi ha superato i 200 sull’intero territorio nazionale», come spiega Angela Artusi, del CVS di Modena. Ma quali sono le caratteristiche di questi supermercati “speciali” a sostegno delle famiglie in difficoltà economica? Grazie a una tessera a punti i beneficiari possono prelevare gratuitamente dagli scaffali beni alimentari ed altri prodotti di prima necessità, oltre ad avvalersi di servizi di orientamento e assistenza di vario genere. Dalla ricerca è emerso infatti che gli empori: somigliano a negozi o piccoli market; distribuiscono gratuitamente beni di prima necessità, resi disponibili da donazioni o acquisti; si muovono in rete con altre realtà del territorio per l’approvvigionamento; e accanto al sostegno materiale propongono servizi e percorsi di orientamento, formazione, inclusione e socializzazione.

GLI EMPORI SOLIDALI IN ITALIA

Il 1997 vede la nascita del primo emporio solidale a Genova. Secondo il rapporto della Caritas e del CSVnet ben 128 hanno aperto tra il 2015 e il 2018. Il 52% dei servizi è gestito da un’associazione; il 35% da un ente ecclesiastico (spicca in proposito la Lombardia, dove il 43% degli empori è gestito da parrocchie). Il 10% sono gli empori gestiti da una cooperativa sociale e il 3% da un ente pubblico. L’apertura degli empori solidali è dovuta anzitutto a scelte maturate dall’incontro con famiglie colpite dalla crisi: persone che in poco tempo sono passate da una vita confortevole alla difficoltà di pagare bollette e fare la spesa. O che vivono con disagio la necessità di richiedere un aiuto materiale in parrocchia e per le quali, dovendo provvedere anche a bisogni specifici di minori, una distribuzione tradizionale non poteva garantire un adeguato supporto. Ma anche alla percezione dell’aumento delle richieste e dell’incidenza di nuovi bisogni; alla disponibilità al sostegno di partner territoriali e a una maggiore consapevolezza della necessità di lavorare in rete. I CSV sono direttamente coinvolti in 79 empori: in 7 casi sono promotori diretti, in 17 co-promotori, in altri 8 casi hanno un ruolo nella governance. Per il resto svolgono prevalentemente attività relative al funzionamento della struttura: supporto a comunicazione e promozione, organizzativo e monitoraggio. Le Caritas diocesane svolgono invece un ruolo riconosciuto da 137 empori. In 65 casi sono promotrici dirette, in altri 37 tra i co-promotori. Rilevante la presenza dell’organismo pastorale nella governance di 53 empori.

LE ATTIVITA’

Una delle caratteristiche peculiari degli empori solidali è di avere l’aspetto e il funzionamento di un esercizio commerciale. L’organizzazione e l’allestimento degli spazi richiamano infatti quelli di piccoli market: dagli scaffali, alla cassa, ai banchi dedicati ai prodotti. Quella degli empori è una storia di reti. In pochi casi sono promossi e gestiti da un solo ente. La quasi totalità delle esperienze è caratterizzata dal coinvolgimento di organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, parrocchie, che elaborano il progetto sostenuti da enti localei, non solo per il finanziamento, ma soprattutto per l’invio di beneficiari e il loro accompagnamento. Dalla grande distribuzione ai minimarket, dalle reti dei fornai agli ambulanti del mercato rionale, fino al terziario le imprese giocano un ruolo fondamentale per l’approvvigionamento.

IL “CASO” MODENA

Sul sito web viene definito «un progetto di comunità che coinvolge cittadini, imprese, associazioni e istituzioni ed è un luogo in cui si produce solidarietà: non solo un supermercato “speciale”, ma un luogo in cui ci si mette a disposizione degli altri, chi donando tempo o denaro, chi ricambiando quanto ricevuto dall’Emporio con una attività di volontariato da svolgere nella struttura o nelle associazioni del territorio». Il Portobello – Emporio Sociale di Modena nasce nel 2013 grazie all’Associazione Servizi per il Volontariato Modena, in collaborazione con l’assessorato al Welfare e dei servizi sociali del Comune e alcune realtà del terzo settore. Un primo elemento di novità e, più in generale, degli empori in Emilia Romagna, è il ruolo dei CSV come promotori della fase di progettazione, solitamente spettato a Caritas o altri soggetti. Nel caso di Portobello è stata l’ASVM a farsi carico di trainare il progetto, non limitandosi al coordinamento di realtà già presenti sul territorio, ma fornendo gli input necessari per l’avvio della fase progettuale. Un progetto che potrebbe porsi in un’ottica di integrazione con le nuove politiche di reddito minimo, fornendo un supporto strutturale per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà alimentare. 
di Giuliana Covella
 

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