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La casa non c’è. I migranti se l’auto-costruiscono

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FOGGIA – Per un cittadino migrante affittare o acquistare una casa è affare sempre più complicato. Tra i requisiti essenziali, infatti, servono il titolo di soggiorno, il contratto di lavoro, la busta paga, il codice fiscale. E alle volte, essere in possesso di tutti questi documenti può anche non bastare, perché i proprietari degli appartamenti mostrano ancora molta diffidenza verso gli stranieri desiderosi di affittare un alloggio. Per questo, per garantirsi il diritto abitativo è molto meglio ricorrere all’auto-costruzione delle case. Lo sanno bene i migranti che sono stati coinvolti nel progetto “Ho costruito la mia casa”, l’iniziativa promossa dal Consorzio Aranea di Foggia attraverso il Fondo Europeo per l’Integrazione dei Cittadini di Paesi Terzi.
LEGNO E PAGLIA – Uscire dalla logica dei Ghetti, della precarietà abitativa, delle difficili condizioni igienico-sanitarie. E’ questa la molla che ha spinto 32 immigrati a seguire il corso di formazione per l’auto-costruzione. Quasi 400 ore di lezione per apprendere tutte le informazioni e le tecniche necessarie per realizzare, in piena autonomia, unità abitative in legno e balle di paglia. «Queste case possono essere costruite anche da chi non è un costruttore professionista, un ingegnere – dice l’architetto Leonardo Giustizia, che ha condotto il corso formativo – . Servono, però, tecnologie e componenti adatti. Non a caso, durante il corso, abbiamo affrontato il sistema costruttivo e la tecnica di assemblaggio di strutture in legno e di muri in balle di paglia. Tutti materiali facilmente reperibili in Italia che garantiscono anche la stabilità sismica delle costruzioni». Adesso, quindi, i migranti che hanno partecipato al corso di formazione daranno vita ad un modulo abitativo riservato a 4-5 persone. Un primo passo, un primo esperimento verso il sogno più grande: un villaggio realizzato interamente con la tecnica dell’auto-costruzione.
IL VILLAGGIO – Sostenibilità ambientale, riutilizzo sociale degli spazi e contenimento dei costi. E’ da qui che si è partiti per illustrare a Regione Puglia e Prefettura di Foggia l’idea di favorire il diritto alla casa per i migranti attraverso l’auto-costruzione. Il terreno è stato già individuato. I moduli potrebbero trovare spazio negli oltre 20 ettari di terra asserviti all’Albergo Diffuso di San Severo, che dovrebbe essere attivato fra poche settimane. «Si tratta di un villaggio realizzato con l’auto-costruzione composto da 90 alloggi con una disponibilità di accoglienza per 400 persone, – evidenzia Giustizia – . Il costo dell’operazione oscilla intorno ai 900mila euro, ma parliamo di moduli abitativi da 45 metri quadri, con la possibilità di prevedere delle aree di coltivazione e di garantire una sistemazione più dignitosa per quanti vivono nei Ghetti o nei casolari diroccati e privi di ogni servizio, come l’acqua potabile, i bagni e la corrente. Oggi, invece, un Albergo Diffuso può costare alle casse della Regione Puglia circa 400mila euro ed ospitare poco meno di 40 lavoratori stagionali. La soluzione del villaggio potrebbe rappresentare un risparmio finanziario ed una maggiore capacità d’accoglienza dei migranti». E la proposta è piaciuta sia alla Prefettura di Foggia sia alla Regione Puglia, che adesso stanno prendendo seriamente in considerazione l’idea di concretizzare la sperimentazione.
SPORTELLI INFORMATIVI – Costruire da soli la propria casa, dunque, potrebbe rappresentare una delle possibili soluzioni per accedere al diritto abitativo. Nell’ambito del progetto, infatti, sono stati avviati anche quattro sportelli fissi (Foggia, San Severo e Cerignola) ed uno sportello itinerante con l’obiettivo di orientare, informare e facilitare l’incontro fra domanda ed offerta alloggiativa. «Abbiamo sensibilizzato ed attivato una rete con le agenzie immobiliare del territorio. Grazie all’azione degli sportelli – aggiunge Domenico La Marca, coordinatore del progetto – sono stati coinvolti circa 400 migranti, ma alla fine solo una decina di loro hanno potuto stipulare un contratto d’affitto». I motivi? «Effettivamente c’è ancora una forte resistenza, un forte pregiudizio da parte dei proprietari italiani ad affittare un appartamento agli immigrati e poi – conclude La Marca – i lavoratori stranieri, pur avendo un’occupazione e quindi un reddito, non sempre hanno tutte le carte per poter prendere in locazione un appartamento».

di Emiliano Moccia

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