L’ultimo allarme lanciato dall’IPC – la Classificazione Integrata delle Fasi della Sicurezza Alimentare, il sistema utilizzato dalle Nazioni Unite e da numerosi governi per valutare la gravità dell’insicurezza alimentare, confermano quanto i team di Azione Contro la Fame nella Striscia di Gaza osservano da mesi: le famiglie stanno vivendo o sono sul punto di vivere una carestia. Oltre 20.000 bambini sono stati ricoverati in ospedale per malnutrizione acuta di cui 3.000 di loro in condizioni gravi. Dal 17 luglio, almeno 16 bambini sotto i cinque anni sono morti per cause direttamente legate alla fame.

La carestia non è solo una statistica. È il risultato di un processo lento e devastante che danneggia gli organi, fa crollare il sistema immunitario e compromette le capacità cognitive” – spiega Natalia Anguera, responsabile operazioni in Medio Oriente per Azione Contro la Fame. “Ogni giorno che passa senza accesso pieno e sicuro al cibo, condanniamo migliaia di persone a sofferenze evitabiliNessun nuovo modello di consegna degli aiuti potrà funzionare senza la revoca completa e permanente dell’assedio: né un convoglio via mare, né un lancio aereo, né un centro isolato. Il problema è l’accesso umanitario, non la logistica. Gli aiuti che arrivano sono insufficienti e spesso inadeguati: gran parte del cibo necessita di acqua e carburante per essere cucinato, risorse quasi inesistenti. Inoltre, i punti di distribuzione attivi sono lontani, pericolosi da raggiungere e con risorse limitate, impossibilitando così i più vulnerabili“.

Le strategie di sopravvivenza adottate dalle famiglie – che includono il digiuno, l’allungamento dei pasti, il razionamento del pane per i bambini, il prestito, l’elemosina e persino il rovistare tra i rifiuti – non vengono più utilizzate per “allungare” la durata del cibo, bensì per aumentare le possibilità di mera sopravvivenza delle famiglie.

Nonostante anche il team di Azione Contro la Fame stia soffrendo la fame, il lavoro degli operatori nella Striscia di Gaza ha garantito assistenza a milioni di bambini e donne. Il numero di bambini malnutriti trattati è il più alto dall’inizio della guerra: quasi 400 sotto i 5 anni – pari a un aumento del 700% rispetto al periodo del cessate il fuoco o immediatamente successivo – ricevono regolarmente cure nelle cliniche di Azione Contro la Fame. A luglio, oltre un quarto delle donne in gravidanza e in allattamento seguite dal team di Azione Contro la Fame ha ricevuto una diagnosi di malnutrizione, con un incremento preoccupante del 16% rispetto a giugno.
Un operatore sul campo del team tecnico malnutrizione di Azione Contro la Fame racconta: “La prima cosa che ho visto entrando a Gaza sono stati palazzi distrutti e nessun segno di vita. Nei campi per le famiglie sfollate, i bambini raccoglievano il cibo in silenzio, evitavano il contatto visivo e si ritiravano nelle loro tende, cercando di proteggere quel poco di dignità rimasta in una realtà che li aveva già privati di tanto.”

Tuttavia, le risorse critiche per trattare la malnutrizione – come il cibo terapeutico, supplementi per neonati e micronutrienti per le donne in gravidanza – sono estremamente scarse. Questo rende l’ingresso di forniture alimentari di base nella Striscia più cruciale che mai. Aiuti limitati non sono sufficienti a sostenere una popolazione di due milioni di persone che si trova sull’orlo della carestia da quasi due anni”, afferma Natalia Anguera. “Abbiamo bisogno che tutti i blocchi all’importazione delle merci vengano rimossi, che tutti i confini siano aperti e operativi e che sia consentito l’accesso a tutte le aree della Striscia di Gaza.”

Gli interventi si concentrano sul supporto ai programmi di nutrizione e sicurezza alimentare, sulla distribuzione di alimenti terapeutici pronti al consumo, sulla gestione di spazi per l’alimentazione di neonati e bambini piccoli, e sull’erogazione di servizi per il trattamento della malnutrizione acuta, anche in contesti estremamente insicuri come i campi per sfollati o cliniche danneggiate.

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