Al via oggi la “Settimana Mondiale del Cervello”, iniziativa annuale realizzata dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) che ha come obiettivo quello di far aumentare la consapevolezza sull’importante ruolo che la Neurologia svolge e di fare il punto sui progressi della ricerca scientifica in questo ambito. Anche per l’edizione 2021, il cui tema “Il Cervello al tempo del Covid” è inevitabilmente legato alla pandemia che ci ha travolto dallo scorso febbraio, A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) conferma il proprio impegno, sottolineando in particolare quanto sia importante, anche in questo periodo, rivolgersi ai servizi di emergenza in presenza di chiari e riconoscibili sintomi di ictus (patologia che ogni anno colpisce, nel nostro Paese, circa 150.000 persone) e quanto sia fondamentale e indispensabile, per tutti, prevenire il contagio e proteggersi con il vaccino.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e le conseguenti problematiche organizzative hanno determinato grandi difficoltà nella cura dei pazienti con ictus acuto, senza considerare che molte persone, spaventate dal possibile rischio di contagio in Pronto Soccorso o nei Reparti, hanno proprio evitato di rivolgersi ai servizi di emergenza: un comportamentoche – di fatto – ha causato una minore ospedalizzazione (circa il  40%-50% di accessi in meno al Pronto Soccorso durante la prima “ondata pandemica” rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) o comunque un ritardo nella possibilità di intervenire. Ma un intervento in ritardo o addirittura un mancato intervento possono peggiorare una prognosi e causare, quindi, esiti più invalidanti della malattia vascolare cerebrale.

Non solo: l’infezione da SARS-CoV-2 determina un aumento della coagulabilità del sangue, comportando quindi un rischio di ictus ischemico, con una frequenza che raggiunge il numero di 8 pazienti su 100 affetti da Coronavirus. Inoltre, gli ictus che avvengono nei soggetti colpiti da questa malattia infettiva sono di maggiore gravità rispetto a quelli dei soggetti non-Covid. Uno scenario drammatico tale da causare un danno notevole per la salute delle persone colpite da ictus, non solo nel nostro Paese, ma anche in Europa e in molti altri Paesi.

La mancata segnalazione di ictus, il ritardo con cui si chiama il 112 e con cui di conseguenza avviene il trasporto in ospedale, l’aumento della frequenza di ictus direttamente collegata all’infezione da Covid e la gravità degli ictus nelle persone positive a questa malattia virale hanno determinato un risultato decisamente negativo in termini di esiti clinici.

“La pandemia da Covid-19 non deve distogliere l’attenzione dalle malattie cerebrovascolari che continuano ad essere presenti – dichiara Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale). È necessario che, anche in questo periodo, non si verifichi un ulteriore calo degli accessi al Pronto Soccorso di chi manifesta sintomi che possono essere “campanelli d’allarme” riconducibili a questa patologia: le Unità Neurovascolari o Centri Ictus (Stroke Unit) sono riuscite fin dall’inizio a rispondere al meglio alla situazione di emergenza, garantendo percorsi diagnostici e terapeutici efficienti ed efficaci. I pazienti infatti sono stati gestiti in totale sicurezza, durante tutto il percorso clinico assistenziale grazie alla differenziazione di “corsie” dedicate, con estrema attenzione al distanziamento e all’isolamento tra chi è risultato positivo al Covid e chi ha avuto esito negativo al tampone. Vogliamo ribadirlo: in caso di ictus non si deve rimanere a casa, non solo per usufruire delle terapie disponibili, ma anche per evitare conseguenze molto più gravi, derivate da possibili danni collaterali cui spesso, purtroppo, perdendo tempo prezioso, non si può rimediare. Inoltre, in ospedale adesso i medici sono vaccinati e questo deve aiutare a essere ancora più tranquilli, nonostante il periodo sia ancora difficile”.

A.L.I.Ce. Italia sottolinea come la gestione del percorso territorio-ospedale vada ottimizzata tramite chiamata al 112 che, pur essendo indubbiamente resa più complicata da questo momento storico, deve prevedere sempre il trasporto verso gli ospedali dotati di Stroke Unit, con una copertura numerica che sia adeguata e omogenea sul tutto il territorio nazionale. Così come dovrebbero essere strutturati tutti gli interventi necessari alla presa in carico del paziente nella gestione del post-ictus e della cronicità. E su questo l’Associazione si augura si concentri l’attenzione futura dei decisori, affinché venga finalmente attivata una programmazione sanitaria che risponda ad esigenze comprovate e che non colga mai più impreparati, come nel caso dell’emergenza che stiamo ancora vivendo.

Per maggiori informazioni www.aliceitalia.org