Dedalus Cooperativa Sociale: “Servono interventi strutturali per garantire alle donne maltrattate l’inserimento nel mercato del lavoro. Tirocini in forte rallentamento”

Interventi strutturali per rafforzare i percorsi di emancipazione delle donne vittime di violenza e favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro. È l’appello che la Cooperativa Sociale Dedalus di Napoli, dal 2001 impegnata nell’accoglienza delle donne che subiscono maltrattamenti, lancia nel giorno della Festa della Donna a sostegno di coloro che svolgono percorsi di affrancamento dalla violenza. La pandemia e la crisi economico-sociale che ne è derivata, infatti, da un lato ha determinato un aumento dei casi di femminicidio e di richieste d’aiuto e, dall’altro, ha fatto registrare una battuta di arresto nelle azioni di sostegno all’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenze.

La Dedalus, in particolare, attualmente gestisce una casa d’accoglienza per donne maltrattate a Napoli “Casa Fiorinda” e una a Mugnano di Napoli “Karabà” (entrambe con indirizzo segreto e in un bene sottratto alla camorra) che al momento ospitano in totale 10 donne vittime di violenza domestica e vittime di tratta ai fini dello sfruttamento sessuale e 8 minori. Sempre a Mugnano è, inoltre, attivo lo sportello antiviolenza Kint Sugi (anch’esso ha sede in un bene sottratto alla camorra) che attualmente segue 12 donne. Per avvicinare le ospiti delle strutture al mondo del lavoro, la Cooperativa sociale si avvale dei tirocini lavorativi retribuiti, strumento che però nell’ultimo anno ha subito forti rallentamenti.

“Le nostre Case Rifugio Karabà e Fiorinda e il nostro centro antiviolenza Kintsugi – spiega Tania Castellaccio, Coordinatrice Area Accoglienza Donne di Dedalushanno lavorato anche durante il lockdown per garantire alle donne supporto e presenza, ma la situazione attuale richiede soluzioni sistemiche. I tirocini, infatti, con il primo lockdown sono stati sospesi dalla Regione Campania per il rispetto dei protocolli legati al contenimento del contagio e in molti casi non sono stati ripresi per il ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende, considerata incompatibile con i tirocini”.

“Inoltre – continua la Coordinatricegli effetti della pandemia su settori commerciali strategici per l’inserimento nel mondo del lavoro di molte ospiti delle nostre strutture, quali turismo, negozi, bar e ristorazioni, ha fatto sì che donne potenzialmente impiegabili in tali comparti siano ancora in attesa e difficilmente i loro percorsi potranno trasformarsi in tempi brevi in occasioni di lavoro. Senza un’autonomia economica, non potranno lasciare la casa d’accoglienza. Di conseguenza non si libererà spazio per accogliere altre donne che ne hanno bisogno.”

Il tutto a fronte di un aumento esponenziale dei casi di violenza, legati alla pandemia e al conseguente lockdown, che ha determinato la coabitazione forzata delle vittime con gli autori delle violenze. Il 2020, infatti, ha visto un’impennata delle richieste di aiuto: il numero delle chiamate al 1522 (Numero Antiviolenza e Stalking), sia telefoniche sia via chat, nel periodo compreso tra marzo e ottobre 2020 è notevolmente cresciuto rispetto all’anno precedente (+71,7%), passando da 13.424 a 23.071 a livello nazionale. Le richieste di aiuto tramite chat sono addirittura triplicate, da 829 a 3.347 messaggi. Relativamente alla Campania, le chiamate al 1522 sono aumentate dalle 1.355 del 2019 alle 1.947 del 2020.  In forte crescita anche i femminicidi. Secondo il VII Rapporto EURES sul femminicidio in Italia, nel 2020 sono state uccise 91 donne e per la quasi totalità dei casi (81) il femminicidio è avvenuto nel contesto familiare. Ben 21 donne sono state uccise nel trimestre di lockdown più rigido, e cioè marzo – giugno 2020.

Di fronte a questi numeri– conclude Tania Castellaccioè evidente che non sono sufficienti le leggi di cui l’Italia dei centri antiviolenza dispone: vanno infatti approntati interventi che prevedano anche il rafforzamento dei percorsi di emancipazione ed inserimento nel mondo del lavoro e che investano in maniera strutturale risorse vere. Il recovery Fund potrebbe essere un’occasione unica per risolvere il gender gap e il divario Nord-Sud. Ma leggendo attentamente il piano, alle dichiarazioni d’intenti, si contrappone il fatto che alle parità di genere si appostano poco più di 4 miliardi. Si sta rischiando di perdere un’altra occasione reale per superare la discriminazione che colpisce le donne”.