Quando ricordiamo, o quando celebriamo la memoria di un evento importante, per la società spesso tendiamo a tralasciare il fatto che essa sia una funzione della psiche che coinvolge i neuroni. In pratica un processo corporeo che, purtroppo, a causa di talune malattie, può essere in parte o in tutto compromesso. Preservarla è tra i maggiori obiettivi di chi agisce nel contrasto a queste determinate patologie, come lo è la malattia di Alzheimer, mediante percorsi che stimolino il ricordo in chi purtroppo ne è stato colpito.

AIMA Napoli Onlus, coordinamento campano dell’Associazione Italiana Malattia d’Alzheimer è nata nel 2000 per volontà del presidente Caterina Musella, a seguito di una esperienza personale che la coinvolse come familiare. Prese contatti con la presidente nazionale Patrizia Spadin e si mise all’opera per la realizzazione di quello che oggi è tra i coordinamenti più impegnati della nazione, con sedi a Pozzuoli, Bacoli, Caserta e Battipaglia e il cui numero verde risponde a chiamate provenienti anche da Lazio, Puglia e Basilicata.

L’associazione è attiva nell’attenzione totale alle persone malate e nel supporto ai loro familiari, vivendo in prima persona il terribile dramma della perdita delle facoltà mnemoniche, occupandosi anche di altre patologie che investono questo ambito. «Il dramma sta soprattutto nel percepire negli occhi di queste persone ciò che erano un tempo” – ci ha spiegato Stefano Branciforte, responsabile comunicazione di AIMA Napoli Onlus-A volte, parlando con loro, molti credono di avere davanti un involucro vuoto.

Si dimentica che sono stati madri, padri, genitori, fratelli, amici. Alcuni di loro riescono a raccontarti ciò che è stata la loro vita, magari non ricordano quello che hanno fatto nell’ultima settimana, dove vivono adesso, ma sanno raccontarti dove hanno vissuto la loro gioventù, dove hanno studiato. Ho rivisto mio padre, mio nonno, negli occhi di alcuni utenti. Sono capaci di farti compenetrare nella loro storia».

Molteplici sono le attività messe in campo proprio per far si che quella memoria rimanga in loro più tempo possibile. «Tra le varie tecniche vi è quella della letteratura e della narrazione creativa che consiste nel compilare delle vere e proprie fiabe partendo sia da aneddoti della vita del paziente che da storie inventate.

Poi vi è anche l’utilizzo delle fotografie personali. Grazie all’aiuto dei familiari che ci affidano questi preziosi reperti, veri e propri cimeli, come le foto del matrimonio, della prima casa, della prima scuola, si realizzano degli album con i pazienti e li si sfogliano insieme. Tante volte capita che essi ricordino un particolare, come una chiesa, l’evento che era accaduto in quel determinato giorno». Vi sono poi percorsi musicoterapici, che danno risultati a volte davvero straordinari, soprattutto nei confronti di quelle persone che hanno un rapporto particolare con la musica, o l’arteterapia attraverso la creazione di quadri, fotografie, decoupage; utilizzando quelle che sono le possibilità del singolo utente li si mette di fronte a quelle che sono delle sfide che portano a risultati creativi.

A Natale si realizzano insieme presepe ed albero. L’approccio di AIMA è quello di fornire una assistenza tout court al nucleo familiare, incominciando dalla prima richiesta di soccorso telefonica e indirizzando così la persona verso le strutture del Sistema Sanitario Nazionale, nella convinzione che una diagnosi precoce è il primo passo per cercare di mantenere più a lungo le abilità funzionali della persona colpita dall’Alzheimer.

Nella seconda fase vi è appunto la riabilitazione cognitiva individuale, se la persona mantiene ancora delle abilità che vanno preservate, di gruppo o attività socializzanti per quei pazienti che purtroppo hanno già perso gran parte delle funzione essenziali. Allo stato attuale, e trattandosi di soggetti maggiormente a rischio, con il covid-19 si stanno portando avanti percorsi non in presenza per numerosi assistiti. Infine particolare attenzione viene data ai familiari dei pazienti che in regime ordinario si riuniscono una volta al mese con psicologi e sociologi dando vita al gruppo di auto-mutuo aiuto nel quale si discute a esempio della gestione del dolore, del lutto poiché alcuni caregiver continuano a partecipare al gruppo dopo il passaggio a miglior vita del proprio familiare, della gestione del sonno e viene offerta anche la possibilità di un percorso individuale.

Di Cristiano Faranna