Questa storia si ripete sempre a luglio. Parla di Dio, di Napoli e del gioco del calcio. Ma partiamo dalla fine.

Linus, la rivista di fumetti edita da La Nave di Teseo e diretta da Igort, pubblica, in questo luglio 2020, un’edizione speciale che vede una serie di collaborazioni eccezionali: Andrea Serio, autore della copertina; i contributi di Maurizio De Giovanni, Sergio Brancato e dello “giuventino” Lorenzo Miglioli; le illustrazioni di Sergio Algozzino, Jorge González, Massimo Giacon, Sergio Vanello, Anthony Mazza e Andrea Campanella.


Il fatto è che questo numero strepitoso è dedicato a uno che, se non è Dio, ci va molto vicino.
Tutto ha inizio quando questo Dio, il cinque luglio del 1984, si fece uomo e venne ad abitare in mezzo ai napoletani. In verità, Dio aveva casa a Posillipo ma si allenava a Soccavo, a porte aperte, in quella periferia della città che, in breve tempo, da non-luogo si trasformò nel centro del mondo.
Sei anni dopo, sempre a luglio, quello stesso Dio chiese a quegli stessi napoletani – che lo veneravano più di San Gennaro – di schierarsi dalla sua parte. E il popolo, si sa, in questi casi sceglie sempre Barabba. Così Dio – dopo due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa – si arrabbiò molto, punì i suoi figli e li abbandonò, mettendo fine a un’Età dell’Oro che non sarebbe più tornata.
Ma i grandi amori, per fortuna o purtroppo, non si dimenticano così facilmente. Anzi, quando la rabbia e la delusione svaniscono, ecco che arrivano i ricordi dei momenti felici a tormentarci. E il tormento, per i napoletani, ha un nome e un numero: Diego Armando Maradona, “El Diez”, il numero 10 più numero 10 di tutti. Uomo controverso e sfrontato, capace di compiere imprese epiche non solo sul campo di calcio, è anche uno che dichiara apertamente il suo sostegno a Menem, neoliberista di destra, e si fa tatuare Che Guevara sul braccio.
Maradona ha saputo fare miracoli, è riuscito a diventare trasversale, ad abbattere le classi sociali e unire il popolo verso un fine comune, per la prima volta dopo Masaniello. A lui va il merito di aver superato i confini del calcio e farsi “altro”: dall’iconografia alla letteratura, dalla musica alla settima arte, il “pelusa” di Villa Fiorito, barrio tra i più poveri di Buenos Aires, è diventato il “Dio Umano” nel murale di Jorit, il calciatore cocainomane cantato dai Mano Negra, il “divo” dei docuflim di Emir Kusturica e Asif Kapadia.
Resta da chiedersi se alla fine i napoletani e il “pibe de oro” siano rimasti amici. Sembrerebbe di sì. Il 5 luglio 2017 Diego riceve la cittadinanza onoraria della città. Dio, finalmente, non è più così tanto Dio: riabilitato al ruolo di uomo in carne e ossa è lo scugnizzo argentino dai capelli ricci che, finalmente, si prende il perdono, riceve una pacca sulla spalla e a tavola, invece del vitello grasso, trova una pizza fatta in suo onore da Enzo Coccia.
Che si tratti di un lieto fine o di una tregua questo non possiamo davvero saperlo. Le storie d’amore appassionate vivono, molto spesso, di conseguenze che poco hanno a che vedere con la logica. E allora non resta che aspettare la prossima puntata di questa telenovela tra i “sud” del mondo. Scommettiamo che il prossimo colpo di scena sarà a luglio?

di Marina Indulgenza